Una volta e ora ... lo scritto
Una volta scrivevo e davo l’articolo.
Passava al vaglio di coloro deputati alla direzione del giornale e d’esso non avevo riscontro alcuno.
Lo scritto, l’articolo aveva vita sua e tu con la consegna lo affidavi al suo destino.
Non ti riguardava e se giungeva un qualcosa era un in più, che poteva dispiacerti o piacerti, ma non era materia delle tue preoccupazioni.
Come allevare un figlio e consegnarlo al suo destino.
La sua vita era la sua e tu cessavi lì, nell’allevarlo il tuo ruolo e servizio.
Avevamo, sempre in metafora, dei figli che camminavano sponte propria.
E se piacevano, non piacevano erano problemi del figlio e non del genitore.
Lo scritto aveva vita sua e tu non modificavi te stesso per farlo accettare e piacere.
Io non lo faccio neanche sul social e testardo vado per la mia strada.
Ci mancherebbe a farmi condizionare dai “mi piace”, o dai commenti più o meno positivi o negativi.
Ma!
Quando riscontri il silenzio, gli interrogativi partono.
Tanti.
Possono questi influenzare il parto e l’educazione del “figlio” successivo?
Che domanda!
Io penso di no e poi vedo che ho azzerato quasi i miei scritti di politica.
Penso per lo squallore in cui essa è precipitata.
Ma è tutta la verità?
Non può essere che il riscontro m’indirizzi anche nei temi da svolgere?
E se sì, la solitudine che sfocia nel solipsismo di coloro che vivono i net work , non sta contagiando anche me che mi considero immune?
E se ho ragione, essendo il solipsismo una malattia, mi chiedo: “Sono anch’io d’essa affetto?”.
Ancora più triste costatazione/domanda, “All’apice dell’individualismo senza la necessaria presenza dell’altro, non siamo popolo solo nella malattia?”.
Un Popolo che ha in comune solo la malattia?
Diceva il Tizio, “Meditate gente, meditate!”
Michele Cologna
San Severo, giovedì 31 ottobre 2019
08:04:17
https://www.facebook.com/michele.cologna/posts/10220321692983492
https://www.facebook.com/michele.cologna
Una volta scrivevo e davo l’articolo.
Passava al vaglio di coloro deputati alla direzione del giornale e d’esso non avevo riscontro alcuno.
Lo scritto, l’articolo aveva vita sua e tu con la consegna lo affidavi al suo destino.
Non ti riguardava e se giungeva un qualcosa era un in più, che poteva dispiacerti o piacerti, ma non era materia delle tue preoccupazioni.
Come allevare un figlio e consegnarlo al suo destino.
La sua vita era la sua e tu cessavi lì, nell’allevarlo il tuo ruolo e servizio.
Avevamo, sempre in metafora, dei figli che camminavano sponte propria.
E se piacevano, non piacevano erano problemi del figlio e non del genitore.
Lo scritto aveva vita sua e tu non modificavi te stesso per farlo accettare e piacere.
Io non lo faccio neanche sul social e testardo vado per la mia strada.
Ci mancherebbe a farmi condizionare dai “mi piace”, o dai commenti più o meno positivi o negativi.
Ma!
Quando riscontri il silenzio, gli interrogativi partono.
Tanti.
Possono questi influenzare il parto e l’educazione del “figlio” successivo?
Che domanda!
Io penso di no e poi vedo che ho azzerato quasi i miei scritti di politica.
Penso per lo squallore in cui essa è precipitata.
Ma è tutta la verità?
Non può essere che il riscontro m’indirizzi anche nei temi da svolgere?
E se sì, la solitudine che sfocia nel solipsismo di coloro che vivono i net work , non sta contagiando anche me che mi considero immune?
E se ho ragione, essendo il solipsismo una malattia, mi chiedo: “Sono anch’io d’essa affetto?”.
Ancora più triste costatazione/domanda, “All’apice dell’individualismo senza la necessaria presenza dell’altro, non siamo popolo solo nella malattia?”.
Un Popolo che ha in comune solo la malattia?
Diceva il Tizio, “Meditate gente, meditate!”
Michele Cologna
San Severo, giovedì 31 ottobre 2019
08:04:17
https://www.facebook.com/michele.cologna/posts/10220321692983492
https://www.facebook.com/michele.cologna
Nessun commento:
Posta un commento