martedì 4 febbraio 2020

Domenica 15 settembre 2019, XXIV del Tempo Ordinario

Domenica 15 settembre 2019, XXIV del Tempo Ordinario

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
Parola del Signore.

Non mi vergogno, no!
Sono meravigliosamente contrito d’essere alla fine del passo con lacrime che scendono lavacro.
Smisurato è l’amore del padre.
E tutti lo siamo, io di quattro e mi sono visto imprecare, giudicare, separare.
Come se l’amore non sani ogni vulnus.
Il figlio “deve” perché è altro da te nella libertà e la necessità, ma il padre non può non essere lì sempre a braccia aperte, pronto a sacrificare il vitello grasso.
Dio è Padre e nessuna Legge può del padre codificare i comportamenti.
Neanche l’Amore per gli altri figli può, l’assoluto è di e per ognuno.
Impariamo.
L’Amore è perdono sempre.
Ecco perché mai va confuso Cesare con Dio.
È difficile, molto difficile, ma non impossibile.
E i tempi di Cesare non sono quelli di Dio.
Il Diritto Positivo deve essere implacabile nel pretendere l’osservanza di sé, ma l’etica per la parte a lei spettante ne deve sorreggere il corso.
Mai smarrire l’Uomo che nel Padre riconosce il Figlio.
E noi nella storia di un Tempo Guasto rinneghiamo il Padre.
Abbiamo sciolto i vincoli e disperso i lacci in una liquidità distante dall’umano che è carne e sangue.
Materia di Dio Padre.
Falso, falso colui che imbonisce uomini e istituzioni con Vangelo, Bibbia e Rosario e lascia morire il Fratello.
Azzera l’etica del Tempo dell’Uomo che nell’ospitalità sacra rinnovava il patto.
Il Fratello.
Tutti fratelli perché Figli di un solo Padre che ha generato, creato nell’Amore.
Questo afferma il Nazareno nella sua mirabile interpretazione di figlio.
E per affermare l’intuizione dona se stesso alla Croce.
“… perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.

Michele Cologna
San Severo, venerdì 13 settembre 2019
16:36:21

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