venerdì 7 agosto 2020

Un’affermazione, un ricordo

Un’affermazione, un ricordo
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Prima che mi scoppiasse il diabete.
Era il 2001/2002.
Non stavo bene, anzi male.
Malissimo.
Mi ricoverarono per accertamenti presso l’ospedale di San Severo in medicina generale.
Lì stava come primario il prof. Dott. Piancone e ometto gli altri titoli che gli facevano da scorta.
Quindici giorni e costui veniva a visita ogni mattina, parlava con il suo stuolo di codini e a me niente.
Nessuna parola.
Ogni tentativo di sapere abortiva.
Una mattina il caposala, lei è messo in uscita.
Mi preparo e passo da questi, mi consegna una busta chiusa.
“Nessuno deve dirmi niente?”
“No, è tutto scritto!”
Ero nervoso e per evitarmi ulteriore arrabbiatura, decisi di andare via.
Le scale erano bloccate per dei lavori.
Bisognava aspettare.
Nell’attesa non ressi la curiosità e lessi.
“Sindrome ansiosa/depressiva del soggetto.”
Sentii il sangue fluire alla testa e già stavo dal caposala.
“Chi ha redatto questa diagnosi?”
“Il Professore.”
“Mi faccia parlare con costui.”
“Non è possibile, è in riunione con i suoi allievi.”
Con tono perentorio è abbastanza alto, “Se lei non chiama subito il suo Professore, credo che questa mattina qui cadrà giù tutto, e io passerò dall’ospedale al carcere.”
La mezza pugnetta si spaventò e incominciò a starnazzare come un’oca braccata.
Uscì il Professore con il codazzo.
“Cosa succede?”
“Lei è il redattore di questa diagnosi?”
“Sì!”
“Bene, vede come con le buone maniere si ottiene tutto!”
“Lei è professore per titoli e per meriti capisco. È vero?”
“Saprà dunque bene che io uscito di qui, dovrò recarmi da qualcuno per la sua diagnosi. Dovrò andare dallo psichiatra, dal neurologo, in manicomio, mi dice da chi dovrò recarmi?”
Balbettando, prese in mano il referto e “Da qualche parte è scritto la diagnosi e qualche specialista, l’avrà certamente scritta.”
“No, non è scritta da nessuna parte ed è solo farina del suo sacco!”
“Ora lei mi dirà se la diagnosi scaturisce da una sua sconosciuta specializzazione, da una sua intuizione o arte divinatoria, o da sue capacità sciamaniche.”
Rosso in viso e il codazzo muto.
“Perché se la sua diagnosi scaturisce da arte non medica, io alzo le mani e vado via. Ma se le perviene dalle sue specializzazioni o mi dà le prove scientifiche dell’assunto, o la deferisco all’Ordine dei Medici.”
Si era fatta la folla davanti alla stanza del capo sala e incominciavano a partire insulti di buffone.
La mia rabbia stava sbollendo e:
“Lei non è uno sciamano dei quali ho massimo rispetto. Lei è solo un povero medico. Un medico poveraccio che non sa capire i suoi limiti. Quando non si comprende qualcosa la colpa non è dell’incompreso, ma forse solo di chi non ha saputo comprendere. Scenda da quello stupido palcoscenico sul quale è salito. Un poco di umiltà. Ma lei ha ragione solo perché medici si nasce.”
Ho letto un’affermazione di un’amica e mi è venuto in mente questo accadimento.
Come ho potuto pensare di rivolgermi a un medico prima di capire che ero diabetico?
Ci sono delle professioni – mestieri? – che sono un atto di fede.
Dopo qualche settimana d’assenza, felice di ritrovarvi amiche e amici cari.

Michele Cologna
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