giovedì 6 agosto 2020

La Realtà e la Home, la home e la realtà


La Realtà e la Home, la home e la realtà


Uso facebook in maniera singolare, forse.
Scrivo pubblico e ho contatto con le amicizie più avvertite e man mano abbiamo fatto, nel senso concreto del fare, direi una famiglia.
Ci si cerca e si sa, ci si confida e nasce quel sentimento robusto di appartenenza e amore.
Il social così mi sta bene e non cerco e non vado sulla Home.
Quando capita, come questa mattina, mille pensieri.
Il primo di scappare dal network.
Leggi cose, ma cose che le comari più ciarliere e stupide, pettegoli e perditempo terrebbero a freno.
Inorridisci, ti prende lo sconforto.
Una realtà in disfacimento.
Nessun corpo.
Civile e sociale.
La cultura è la banalità a sistema.
Gli stupidi sono sempre esistiti, ma non in tale quantità.
E ti sembra di soffocare.
Perché si parla, quando non si ha niente da dire?
Le fisse.
Ci sono persone fissate che ripetono la stessa cosa all’infinito.
Applicano la loro a ogni aspetto della vita.
Ma anche persone di una certa cultura!
La banalità del male, potremmo.
Sì, perché il banale è una febbre alla quale ti abitui e non la percepisci più.
Diventa malattia.
E il variegato della realtà scompare.
Non c’è più bellezza, amore, amicizia, diversità che è ricchezza.
Ci sta la fissa e le fissate a confermare.
Una peste che ammazza più del coronavirus.
Ma …
È solo il virtuale?
No!
Con lo sconforto più totale, no!
Da quasi vent’anni, ormai, ho lasciato la città per amore.
Come assistere all’impazzimento dell’amata.
Insopportabile!
Mi sono ritirato in campagna.
I contatti necessari restano e ti danno la misura dell’azione.
Mi congratulo.
Mi reco in un esercizio commerciale e incontro un conoscente che entusiasta e di botto, ad alta voce: “Michele vivo con una rumena, che femmina!”.
Si rimane sconcertati e io in imbarazzo, “Tua moglie, è morta?”.
“No, la mantengo insieme ai figli!”
Lo sconcerto, “Ma hai divorziato?”.
“No, mia moglie s’è fatta vecchia e …”
Generoso il nome di costui e io, “Ma sei sano di mente, Generoso?”.
“Non è che tu sia impazzito?”
È esagerazione di un folle?
Incontro per strada, un cugino in seconda o giù di lì che non vedevo da decenni.
“Ciao Vincenzo, come stai?”
“Mamma mia da quando non ci vediamo, che piacere!”
“E zia Lucia e Adele, come stanno, cosa fanno?”
“Mia madre è una puttana e doveva morire prima!”
“Mia sorella è puttana come la mamma”.
Rimasi, e sconvolto è poco, voleva spiegarmi.
L’ho bloccato all’istante e, “Vincenzo, non avrei mai voluto incontrarti”.
Così quando mi reco in città e non ho niente da fare se non aspettare Tonia che faccia la spesa, resto ad esercitare la pazienza in macchina.
Temo l’incontro.
Come temo la Home.

Michele Cologna
San Severo, venerdì 7 agosto 2020
07:53:24





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