domenica 9 agosto 2020

C’era una volta …

C’era una volta …


Come una favola, c’era una volta.
Una società strutturata e ogni tassello era al proprio posto.
Il posto di colui che così l’aveva concepita.
Dio, l’Uomo?
Non importa!
Il risultato era la stabilità nella fissità del tempo e il tempo era lento.
Lentissimo.
La civiltà le somigliava e gli uomini “perbene” anche.
Gli altri contavano “un cazzo”.
Le donne erano “donne” e i bambini, i fanciulli e i giovani come il due di briscola.
I vecchi.
Se appartenevano alla fascia alta, venerati e coccolati.
Avevano la roba e il destino dei succedanei nelle mani.
Gli altri erano ingombro e si sperava nella mano del Signore.
Se Questi era distratto, liti e lai, legulei e coltelli.
Il quadro, e le varianti non inficiavano i colori.
Questo il contesto, la civiltà e il pensiero.
Gridava per le strade, “Io sono il Padreterno e non temo dell’Inferno”.
Si pensava pazzo, inutile e innocuo pazzo.
Ma sbagliavano.
I primi accenni di seguito.
La morte per giustizia, zittì la voce e disperse il seguito.
Questa mattina un commento scioccamente destrutturante e lo scritto.
Conosco il tizio, anni d’amicizia seppure virtuale.
Un ironico sentimentale.
“Un cane che abbaia alla luna e intanto piscia sulle tombe.”
Un cliché.
Stereotipo.
Topos.
Siamo, viviamo una realtà completamente destrutturata.
Dove non fa cemento Dio e Famiglia.
Non esiste appartenenza e popolo.
Gente.
Individui esasperati e d’ego ipertrofico.
Tutti autoreferenziali.
Dementi e persi per sé e l’Umano.
Quale senso bacchettare un affetto dichiarato?
Già abbiamo buttato il bambino con l’acqua sporca, affogarlo?
Non tutti dobbiamo essere costruttori, è vero!
Però essere demolitori quando tutti lo sono, non è tenersi in casa lo sfascio?
È roba che resta invenduta, amico mio.
Anche se può affascinare qualche babbeo.

©
Michele Cologna
San Severo, martedì 9 agosto 2016


Ps
Si diceva, “Quello ti fa cadere le braccia”.
Rompe ogni virtù.

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