sabato 31 ottobre 2020

Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli

 

Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli
Mt 5, 1-12
 
Non nell’accezione religioso-clericale, ma in quella del senso, “chi è santo”?
La prima che non discuto per non appartenenza e la storia, ha regole ben strutturate e collaudate, la fedeltà al sistema e si è santi.
E a volte stanno agli altari i peggiori, il meglio ignorato.
Perché l’assassinio per dottrina e fede non denomina l’esecutore “assassino”, ma santo.
L’altra!
Nel senso laico, comune, della quotidianità nel bisogno che abbrutisce.
Questo criterio, e davanti a noi si popola il nostro cammino di uomini e donne che la santità l’hanno vissuta e sofferta martirio.
La Madre che nel dolore e a volte, molto spesso, della violenza, genera e accudisce il frutto.
Un Padre che si fa schiavo non nel pensiero, ma nel fisico per nutrire figli e dare dignità alla famiglia.
Il Figlio che si sacrifica alla mamma e al padre, al fratello e all’altro per mantenere alto il senso del Sé nel vivere.
Colui che commuove e si dona vittima alla Necessità fino al martirio.
Liberarsi dalla Tirannia.
Sfinirsi nella lotta per il bene altrui.
Avere il senso alto dell’Umanità e operare.
Temere e sapere che colui al quale porgi la mano alzerà la sua per assassinarti.
Anche solo per schernirti e ritenerti stupido.
Santità di nessun altare queste se non dell’uomo hic et nunc.
È santa mia suocera che vede la figlia piangere perché vuole “una lacrima d’olio” sul pane che asciutto, senza alcun companatico, non vuole scendere giù e regge il dolore.
È santa mia madre che rimproverandomi per la mia facilità giovane di “spezzare cuori di ragazze” mi chiede il perché.
Un perché che mi fa capire che lei pur avendo generato sei figli, non sa cosa sia il “piacere” dell’amore. E io ancora rabbrividisco al pensiero. Un’amputazione che non trova giustificazione se non nel destino e l’amore sconsiderato per i figli.
Sante tutte quelle donne che perdono la vita per il tramite della mano dell’amore degenere del maschio.
Santi coloro che non tornano dal lavoro per “morte bianca”.
Quei figli che curano i propri genitori e ne sopportano il peso.
I nonni che si fanno assistenza ai nipoti davanti all’ignominia di uno stato ladro e traditore di necessità.
Santi tutti nel dolore della consapevolezza che l’Uomo è misero.
Una miseria sconfinata che trova ristoro e riscatto nella volontà.
Questa che fa del vivere la maggiore responsabilità della vita.
Qui ed ora la santità laica che si nutre di diversità e necessità e ne fa virtù.
Hai capito tu donna che ti pensi amore e lo usi clava?
Tu uomo nella tua onnipotenza maschio e ti giustifichi assassino?
La ricompensa qui, una vita degna.
 

giovedì 29 ottobre 2020

Oggi la salvezza è entrata in questa casa

 

Oggi la salvezza è entrata in questa casa
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Se fossi officiante della Fede e non lo sono, a commento del passo del Vangelo, “Oggi la salvezza è entrata in questa casa”, direi …
Zaccheo era un pubblicano, un senza fede ricco.
L’uomo più ricco di Gerico.
E Gerico è il mondo.
Gesù lì si reca e la folla, anche Zaccheo.
Ma egli pur essendo ricco è piccolo di statura s’ingegna, e l’uomo partecipa.
Zaccheo partecipa all’evento.
Egli è uomo tra gli uomini del suo villaggio, della sua città, del suo mondo.
Il primo che mi viene in mente.
Bill Gates è uno degli uomini più ricchi del mondo.
La sua ricchezza è sterminata, immensa.
Gesù si reca nella sua Seattle e Bill Gates fa esattamente le stesse cose di Zaccheo.
Non ha bisogno di salire sull’albero, perché sarebbe lui l’evento e non Gesù.
Ma questo esula dal discorso.
Vuole donare metà della sua ricchezza ai poveri.
Egli però non ha frodato nessuno a differenza di Zaccheo.
Ha messo su “un qualcosa” rispettando le leggi positive, del quale lui stesso è escluso.
Quel qualcosa da lui creato, ha preso vita propria e ha operato su di lui, come su tutti gli altri che a quello partecipano, la spoliazione.
Zaccheo non può donare la metà delle sue ricchezze ai poveri.
Egli è ricco, ma la ricchezza non gli appartiene.
I poveri non hanno un viso, il loro è quello di tutti e la povertà un’astrazione che si è allontanata dai volti.
Una piccola parentesi.
Perché ci disturbano, ci impauriscono, ci destabilizzano tanto che si mobilita una moltitudine per scacciare dodici donne e otto bambini?
Anche il parroco e la chiesa.
Perché quei volti, quelle storie, quegli uomini hanno segnato sul volto, nella storia, del loro DNA la condizione.
Sono ancora uomini e donne, bambini con una loro storia, come quella di Zaccheo ricco e i poveri da lui derubati.
Bill Gates ha perduto quel potere che aveva Zaccheo e la ricchezza ne ha preso il posto.
Ora vive di sé al comando di un dio oscuro, quello della Finanza.
Egli è un ricco e della sua ricchezza non ha disponibilità, come i poveri senza povertà.
Tutto gira per sé fuori dall’Uomo.
E Gesù e l’arrivo a Gerico, sarebbe un annuncio di telegiornale interessato e di parte.

***
Forse dal pulpito sarei più fecondo di parole, ma sto scrivendo per FB, e la sintesi deve essere per necessità più ardita.
Non voglio mancare le perplessità di Gesù dovendo decidere dove fermarsi.
Da Tarcisio Bertone, da Bergoglio, in quella chiesa e da quel parroco barricadiero?
Hai Uomo!
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Michele Cologna
San Severo, sabato 29 ottobre 2016 - 8:54:39 –
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mercoledì 28 ottobre 2020

Come una chiacchierata per impegnare il tempo

Come una chiacchierata per impegnare il tempo questo nostro, padre mio.
Vedi com’esso ci muta?
Fino a qualche anno fa era un rito triste dovuto al giorno luttuoso, ora l’approccio è il sorriso.
Non ti fa sorridere che io tuo figlio, sia tanto più vecchio di te?
Tu non hai provato gli acciacchi degli anni pesanti e sei andato via a passi leggeri, spediti.
Io muovo i dolori del tempo e li porto, mio fratello ora minore.
Mi hai lasciato quella domenica del 28 ottobre 1962 senza spiegazioni e suggerimenti.
Le une e gli altri me li ha forniti il tempo che consuma la vita e nel tempo tu stavi.
Il sorriso piega in smorfia e le lacrime affacciano la memoria e l’assenza.
Quanto t’ho cercato!
In ogni parola e pensiero, nelle azioni tu.
Eppure così presente e così lontano nell’errore dal quale evitandolo incappavo.
Quante volte mi sono chiesto e mi chiedo ancora senza mai alcuna risposta, cosa sarebbe stata la mia vita con te vicino e vivo!
Una tua carezza forse avrebbe cambiato il corso e me.
Non credi?
Uso sempre con i figli miei il tuo “a papà”, rinnova la tua voce e il piacere d’essa come quella carezza mai data.
Ricevuta mai.
Stai sorridendo, padre mio!
Ma sai brucia più quella carezza mancata, che il ricordo ora dolce delle scudisciate.
Si cambia pensiero perché la vita tanto chiede, ma che era ingiusto il tuo nei miei confronti neanche la vita ha potuto e può.
Volevo solo essere amato per come ero, papà!
Un fanciullo del papà innamorato.
E invece, non sono stato amato nemmeno modificando le mie alle tue volontà e desideri.
Non credo che non ti sia mai accorto che mi facevo violenza per piacerti!
Sarebbe bastato non un bravo, ma l’assenza di delusione per ogni mia, papà.
Nota, tornano sempre gli stessi argomenti tra noi!
È vero il detto che “la lingua batte dove il dente duole”, e quanto fa male ancora, padre mio.
Domani è il cinquantunesimo del tuo tempo infinito, e la tua solitudine è stata interrotta prima dall’arrivo della mamma e poi da quello di Carolina.
Ti fanno compagnia loro e non ti nego che un po’ sopravvissuto mi sento.
Ma so anche che il tempo è galantuomo e sana ogni vulnus.
Non ho fretta, ma è breve lo spazio della nostra, papà.
A te, la mamma e Carolina, a voi che siete l’eternità, il mio cuore e l’amore senza limiti di spazio e tempo.
Vale a voi.


Michele
San severo, 28 ottobre 2013

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Mio Padre, 28 ottobre 1962

Mio Padre, 28 ottobre 1962
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Ulula, quasi un lamento.
E non è a l’altra simile se
no ne l’incedere, alba di
un giorno. Questa.
Il giovine al vecchio, ora,
memoria funesta. E fu a
lacrimare tempo oggi, un
cielo gonfio, secco ventre
d’anni e non di pena, mai
a dissolversi. “E fu ed è.”
Sarà.
Futuro destinato a perire,
terapeutico aborto e non
pe’ legge e volontà homo.
Sorte.
Più ara il fanciullo se non
labbri a segnare il fu, che
eterno fugace, coltiva are,
come il poeta l’uomo.
Sempre. Ed era, è, e sarà.
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Michele Cologna
San Severo, mercoledì 28 ottobre 2020
06:45:15
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diritti e riproduzione anche parziali
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martedì 27 ottobre 2020

amore

 

amore

 

 

 

 

come a ingannare il tempo

questo nostro disegna sogni

e

qual bugiardo di tardo mattino

là depositandoli

entro pregiate teche d’andata fattura

di trascorso loro colora

 

mistificante operazione

 

più perle di giovine essenza essi

reggono quei tempi

e

di colori avariati e guasto riso

ora protesi

per traslato valore sostengono giorni

di cammino incerto

 

 

 

michele cologna

 

san severo domenica 27 ottobre 2013

 

 

 

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… e passo al setaccio il Tempo

 

… e passo al setaccio il Tempo

Quando s’avvicina la data cerco …
Quello che possa essermi sfuggito, e al setaccio dalla rete sempre più fine, lavoro.
La memoria spennellando il “breve materiale” – solo quattordici anni insieme -, per estrarre l’infinitesimale prezioso.
La fatica non è mai infruttuosa e ti riporta.
A me che pur nelle pause, mai hai taciuto.
Lectio Magistralis che non esaurisce il e nel Tempo.
E quasi come un divino, percepisco il Padre.
Afferro il Senso del Figlio che in Lui padre trova il Tempo.
Se vivessi questo, cosa?
E un sorriso mi strappa al pensiero.
Sai, mi vergognavo?
Anche di te così sicuro sempre e io che temevo la parola.
Lo sguardo, e abbassavo il mio.
Goffo, inappropriato, incapace di piacerti e farmi amare.
Termine di paragone tu e ti magnificavo non piacendomi.
Ma l’amore infinito e avrei dato la vita.
A tutti davi ascolto e io bugiardo e alla tua ira esposto.
Sentirsi carnefice nella veste di vittima, anche questo.
Non temevo e il mio dolore era la tua insoddisfazione del figlio.
L’attenzione non pagava il tuo sguardo.
Domenica 28 ottobre 1962, il ragazzo aspettava la visita mentre sul trattore e nel rendere bello all’occhio la sua, consumava l’amore.
Sei apparso bello e avrei voluto abbracciarti, chiederti tutto e nel bacio il sigillo.
Non ebbi l’ardire e mi brucia colpa.
Non c’è recupero nella vita è il cammino non concede posta.
Rimpianti.
Ho perso il contatto con il proponimento e non mi dispiace.
Penso sorridendo che il saggio sarei io ora, se non per intelletto, per età.
Ti sei fermato a cinquantasei e io sono a settantuno.
C’è un’esistenza in morte e tu nella mia non hai cessato mai.
Scrivo e parlo di te con i figli e i nipoti, vorrei offrirtela anche dopo la mia.
È arduo, ma ci provo.
Vorrei essere amato anch’io dai miei figli come io t’ho amato, padre mio.
E t’amo …
A Te e la Mamma, a Carolina.
Il figlio vecchio al padre suo giovane.

Michele Cologna
San Severo, sabato 27 ottobre 2018
11:48:30

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Il sibilo del vento ...

Il sibilo del vento ...

Il vento che soffia impetuoso, ricordo ancestrale del respiro del creatore, che nell’amplesso consuma il piacere, ci riporta nel caos primigenio.
Sentiamo noi partecipi della natura che ci ha modellati nel corpo, pensiero, sensi, emozioni…
Il sibilo, che attraverso le fessure si dichiara, entra nelle nostre ferite e ci richiama alle sensazioni vissute e il ricordo ci annichilisce a sé.
Il tempo si è bloccato e l’aria stagna ci inonda…
Tormenti, piaceri, dolori, amori, gioie… in passerella esibiscono le tinte che ora sfumate ci affascinano nel respiro assente.
Gli occhi nel vuoto ora spostano la memoria e la vita riprende il respiro…
È solo vento che fischia sui vetri che schermano l’anima al mondo.

Michele (25/10/2009 9.03.12)
 

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lunedì 26 ottobre 2020

Per il genetliaco di “Mammarella”

Per il genetliaco di “Mammarella”

Un inno alla vita.
Alla gioia.
Compire centotre anni, è come nella propria biblioteca avere un incunabolo.
Sacro per pensiero.
Da prendere con i guanti per non inficiarne la storia.
Non del senso a nessuno possibile, ma della sua nel corso del Tempo.
Anni che ne erigono l’intoccabilità.
Cosa diversa dalla reliquia che giace.
Il Libro è vivo sempre e gli anni l’impreziosiscono.
Provo emozione, Adele cara.
Come davanti a un’Opera d’arte.
Mi recai in visita agli Uffizi e all’ingresso caddi in ginocchio.
Un pianto copioso che non riuscivo a trattenere, come ad alzarmi.
Non provavo altro, tremore di Sacro.
D’irripetibile.
Gli occhi non vedevano se non l’Immenso dell’Uomo.
Dio che s’imprime nella vita manifestandosi.
Vorrei con mano inguantata sfiorarle il volto, la Carezza.
E sentire il Tempo.
Il mio Quid si riempie di Senso.
Il Senso nel Tutto mi cattura.
Buon compleanno, Mammarella.
Auguri.
Adele e le altre figlie, figlio, nipoti e pronipoti Ti celebreranno.
Io con loro e il pensiero.
Conoscere cosa attraversa il tuo e sfiorarne la Storia.
È giorno d’Amore e io all’ascolto delle campane in festa.
A questa Famiglia meravigliosa i miei più cari e sentiti auguri.
Il ginocchio flesso a Mammarella.

Michele Cologna
San Severo, lunedì 26 ottobre 2020

sabato 24 ottobre 2020

Amerai il Signore tuo Dio, e il tuo prossimo come te stesso

Amerai il Signore tuo Dio, e il tuo prossimo come te stesso

Mt 22, 34-40

In principio era Dio.
E Dio fu Legge.
Dio/Legge, l’Assoluto.
Il Padre sacrifica il Figlio.

E …

La Carne e il Sangue
Dommi
Farisei e Teologi
Papi e Vescovi
Cardinali e Sacerdoti

La Voce

Pensiero e Potere.
Governo:
Fede e Rito, Dio.
Cesare, il Positivo.

***
Come amo Dio, se Dio più esiste?
E il prossimo, se oltre a non esistere, anch’io mi sono estraniato da me?
Dio per il tramite di Bergoglio, si socializza e riveste dell’uomo i panni.
Cesare si fa Ventre, Pancia e il pensiero defeca.
Le combinazioni Dio/Legge, Potere/Governo non producono più Fede e Sacro, Pensiero positivo.
Ma si confondono nelle viscere e producono scatologia.
È cessata l’escatologia, teoria del fini.
Ha preso corpo, affermandosi unica, la scatologia: trattazione degli escrementi.
Per quanto si voglia alzare al Cielo questa, resta escremento.
Cioè Merda.
E in questa si allenano tutti: laici e religiosi, uomini di Dio e di Cerare.
L’uomo escremento al potere e al governo d’esso.
Vorrei fare i nomi e gridarli tutti, ma tutti li conoscete.
L’uomo ci sguazza dentro e con piacere si sporca.
Passate in rassegna gli uomini che governano il Mondo.
Il Puzzo è insopportabile.
Quello di casa nostra, peggiore.
Sì Bergoglio, tutti hanno diritto a una famiglia.
Anche gli omosessuali.
Ma c’è bisogno che li consacri Dio?
Senti, Bergoglio, tu sei uomo straordinario e in questa tua qualità eccelsa cerchi di portare Dio tra gli uomini ed è “cosa buona”.
Era quello che voleva Gesù e tu sei gesuita.
Gesù ha elevato Maddalena a donna affermandola nel ruolo, ma ha lasciato la prostituzione a se stessa, al peccato.
Noi ci siamo tutti emancipati e anche dal peccato, è cosa buona?
Dico di no, Bergoglio.
È peccato non onorare il Padre e la Madre, il Figlio e il Fratello, la Moglie e l’altro.
Noi siamo a questo, Bergoglio.
Si è sciolto ogni vincolo e siamo individui all’esasperazione.
Cioè atomi non più divisibili e quindi destinati a restare tali.
A non conoscere e riconoscere l’altro.
Né Padre e Madre, Fratello l’Altro.
Ciò che il Sacro cercato dall’Uomo Univa.
Tu pensi che cercare l’uomo dissacrato lo porti alla consacrazione?
Io non lo so, Bergoglio.
Però mi sconvolge il Quid, quel Sacro che mi porto dentro, portare Dio non nell’Uomo, nell’azione dell’uomo.
Muore l’affermazione, “Amerai il Signore tuo Dio, e il tuo prossimo come te stesso”.

Michele Cologna
San Severo, domenica 25 ottobre 2020
06:15:15

NB
Dono questo scritto anche alla memoria di mio padre.
Il 28 di ottobre saranno 58 anni della sua esistenza in morte.

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lo specchio

lo specchio





insaziata smaniava e

a lo specchio turgida

ne i colori scarlatta

aperta si donava

mentre

di voglie ossessionata

lui frusto

con lo sguardo dardeggiava

e leggera

di mano tenue ne le dita

bramose

tormentava la carne

carezzandola e

l’aria di femminee essenze

profumava acre




michele cologna


(san severo mercoledì 24 ottobre 2012)




Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza il consenso dell'Autore.



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venerdì 23 ottobre 2020

Il Confutabile e la Verità … la Democrazia

Il Confutabile e la Verità … la Democrazia

La possibilità e il confutare.
Il confutare è lo strumento della verità.
Non c’è altro mezzo per arrivare a essa.
Sapendo però fin dall’inizio, che ogni verità ha la caratteristica della provvisorietà.
Per la scienza, la politica e qualsiasi affermazione che implica il concetto di verità applicata, la “possibilità di confutazione”, il confutare è la prova del nove.
Solo la fede ne è fuori, perché appunto essa implica un atto di fede e non la ricerca del vero.
L’affermazione senza prova della verità.
Funzione regina della possibilità di confutazione, la democrazia.
La possibilità del confutare è alla base della democrazia, la quale completa se stessa nell’azione incruenta del cambiamento.
Questo può avvenire a scadenze prefissate, oppure quando la verità conclamata risulta falsa.
Elementare Watson!
No?
Ebbene allargate lo sguardo a tutto ciò che ci circonda e controllate.
C’è data questa possibilità come uomini, cittadini e popoli?
No!
In rari casi la si pratica e quando, solo nella forma già svuotata dei contenuti.
Un rito e la processione dei fedeli.
Fedeli della democrazia: il paradosso.
La stravaganza di questo nostro Tempo tristissimo e povero.
Disumano.
Stati e Politica, Politici e Informazione, intellettuali e Comici, fanno concorrenza alla Fede.
Affermano, pontificano, sentenziano e i depositari della possibilità dell’esercizio del confutare senza voce.
Afoni.
Da una Chiesa, infinite chiese e sacerdoti sconsacrati.
Meglio, consacrati a un dio che ha permeato ogni cosa e uomo, il potere del denaro.
Tutti servi di questo dio blasfemo e crudele.
Sanguinario.
I soggetti, coloro sui quali e per quali la verità del bene e del positivo dovrebbe agire, fuori dal processo della formulazione e del riscontro.
Esclusi dalla loro verità.
Lo Spirito Oggettivo, il Governo della Cosa e del Popolo usurpato dall’arbitrio della verità senza riscontro di una élite del Potere elevatasi a Casta.
Lo spirito soggettivo che dovrebbe concorrere alla Sintesi che è la formazione dello Spirito Oggettivo, sotto i piedi.
Calpestato.
Ignorato e beffato, turlupinato.
Potere, Governo, Informazione la Trinità al vertice della piramide del nuovo dio.
E quando la parola non raggiunge più il significato, il senso?
Quando la fede fagocita la Parola?
E se tornassimo ad appropriarci con la parola del senso?
Tesi, antitesi e sintesi è il governo legittimo e la democrazia la pratica.
La possibilità di confutazione il riscontro.
Governo, informazione e formazione, leggi a essa sottoposti.

©
Michele Cologna
San Severo, domenica 23 ottobre 2016 - 9:07:21 -

N.B.
Il Moderno Stato di Diritto da cosa prende l’Autorità per essere rispettato da tutti, nessuno escluso e mantenere quella sacralità che ce lo pone subito dopo Dio?
Ricordate: Dio, Patria e Famiglia?
Per gli idealisti che poi sono i veri fondatori dello stato di diritto, dall’incarnare lo Spirito Oggettivo di un Popolo.
Questo è la sintesi dello Spirito Soggettivo di tutti i componenti quel popolo e in esso ogni cittadino aliena il proprio spirito soggettivo.
Perdi l’autorità su te stesso e la consegni allo Stato che racchiudendo tutti gli spiriti soggettivi ne fa le veci.
La sacralità laica e inviolabile dello Stato di Diritto che ha autorità dell’emanare le leggi che sono la positività di quel diritto.
Dopo vengono gli altri diritti quelli inalienabili che sono riportati dalle Costituzioni e la forma del Governo dello Stato.

***
Come diamo valore di scienza, di scientifico a un ragionamento, una “cosa”, una determinata scoperta …
Tramite affermazione apodittica, apofantica, o cosa?
Si può dare il titolo di scienza, di scientifico a qualcosa che in qualsiasi posto venga sperimentata dà gli stessi esiti.
Cioè la verificabilità, il principio di confutabilità consegna la verità scientifica, sebbene provvisoria, a una determinata cosa.
Questo è il metodo che si applica a tutte le scienze applicate.
La Politica e non la politica praticata, è una scienza applicata.
La Verità perciò, non è una intuizione ma un riscontro che ci viene dato dal principio di confutabilità.

***
La Religione.
Questa è fuori da qualsiasi verificabilità per l’impossibilità del riscontro.
Non c’è principio di falsificazione che possa applicarsi perché essa si regge su dommi e la fede.
La si accetta e si aderisce e ne fai parte da credente, oppure la rigetti e non ti riguarda.

***
La Democrazia è lo strumento che permette il cambio non cruento del governo di uno stato e concorre per il tramite dei partiti e i riti che essa contempla alla formazione dello stesso.
Apparentemente la verità non le appartiene.
Ma se dà la possibilità di governare quello Stato che racchiude lo Spirito Oggettivo del Popolo che è formato dagli Spiriti soggettivi dei cittadini, deve rispondere a quei criteri di verità?

***
Mi scuso per la sintesi e la riduzione al necessario di concetti che andrebbero meglio articolati.
Ora con questi dati analizziamo ciò che è la realtà e quello che lo scritto “Il Confutabile e la Verità … la Democrazia” afferma.
La democrazia richiede necessariamente conoscenza e consapevolezza e questa si forma per il tramite della formazione del cittadino.
Il cittadino si forma essenzialmente attraverso l’informazione.
Quindi anche l’informazione dovrebbe risultare veritiera ed essere sottoposta al riscontro della verificabilità.
Non accade.
Politica, Governo, Informazione si sono trasformati in sede di verità assolute e pari alle religioni di non verificabilità.
I cittadini fuori da ogni possibilità di riscontro decisione.
E come credenti genuflessi turlupinati.
Pensavo fosse chiaro, più che chiaro direi lo scritto.
Non è stato così.
Spero non si offenda nessuno con questo mio, seppur sintetico chiarimento.
Grazie a tutti, amiche e amici.

michele

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mercoledì 21 ottobre 2020

e scivolava …

e scivolava …





scivolava

e quant’anche breve

lieve il tratto

appendice dentro il desiderio

lui

trascendendo il tempo

penetrava il piacere

e

ne l’infinito percorso

come viaggio transiberiano

di sensi liquidi

senza fine fluendo andava





michele cologna

san severo martedì 21 ottobre 2014




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Dedica a mio Padre per il cinquantottesimo della sua dipartita

Dedica a mio Padre per il cinquantottesimo della sua dipartita

L’io perdente …

Ho sempre saputo d’esserlo.
Ma ho sperato nell’errore come il disperato nel sogno.
Un giorno diverso.
Ma essi sono tutti uguali perché nell’identico trovano la successione.
Così.
A gestirle tutte, come l’atleta caduto un attimo prima del filo di lana.
Provavo dolore e ne ho scritto di pagine.
Femmina pregna.
Ora non più e non dico sereno, ma l’accettazione il destino.
Tutto nel dolore a percepire ed esso un fondo.
Il Cielo grigio.
Niente cambia e tutto appare ugualmente meraviglioso.
Il colore non modifica l’in sé, lo avvolge.
E un giorno senza sole sono io.
Mi ritrovo, mi somiglia.
Volgo all’indietro il sorriso, medico al paziente.
Questo oggi voglio dirti, Padre mio.
Non ti piacevo e mi spronavi, con maniere forti.
Ma tu eri un vincente e io fin dai primi vagiti, perdente.
Nascevo con il dolore della Mammina mia.
Certo se io ci ho messo una vita ad ammetterlo, non potevi tu.
Per gli anni brevi insieme.
La cultura.
I tempi.
Sono vecchio e ti ho avanzato tanto in età, Papà.
E tu sai che i vecchi pensano d’essere saggi.
Ma non voglio incappare nell’errore, e tu sei tanto più giovane.
Avrò il tempo di scriverti ancora?
Quanto mi brucia quel bacio mancato …
Domenica 28 ottobre 1962, cinquantotto anni fa.
Gli anni di Giovanni che tu prendesti tra le braccia per pochi mesi e io mi sono a te sostituito nel ruolo e la cura.
Figlio sfortunato il nostro, Papà mio.
Tutte le mattine entrando in casa da lui per fargli la colazione, lo sguardo a Te, alla Mamma, a Carolina.
Sta anche la foto di sua moglie Marilena e lei mi perdonerà, ma quasi mai la vedo.
Mi sento ancora Figlio e Fratello, Mamma e Padre.
Tutto in me custodito.
Un prezioso del quale mi sento l’unico custode.
L’ultimo.
Questo volevo dirti, Papà, nell’approssimarsi dell’anniversario tuo, incipit dell’eterno.
Il Tempo è sempre breve, questo che ci separa molto di più.
E io immagino il desiderio con Te, la Mamma e Carolina.
A ritrovarci e sorridere alla vita.
Perché tutto sommato, ci ha dato tanto.
Vale a voi e mi piace chiudere con le Anime dei Morti sono cosa certa.
Aliquid sunt Manes.

Copyright© 2020 Michele Cologna
San Severo, mercoledì 21 ottobre 2020
07:49:43

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lunedì 19 ottobre 2020

Epigono

Epigono

 

 

 

 

 

Resto, moneta fuori corso e più spendibile.

Sfrido di un tempo doloroso, e nel segno della misura, grandioso.

Cascame di una civiltà millenaria e sepolta in fretta.

(Quale suicida, e senza alcuna celebrazione.)

Epigono di senso andato, e al banco merce avariata.

T’aggiri fantasma tra non udenti vocianti e ciechi.

Maschere ridenti dietro informi e mutanti vessilli.

Emancipati di storia e prospettiva.

D’appartenenza.

Né memoria, né futuro.

Presente assente.

Vincoli sciolti.

Senso destrutturato e in una socialità liquida affogato.

Parole senza peso, fiati d’ombre.

Famiglia e Onore, Patria e Dio, desueti concetti.

 

 

 

Michele Cologna

San Severo, domenica 19 ottobre 2014

 

 

 

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domenica 18 ottobre 2020

Nel cinquantaquattresimo in morte di mio padre

Nel cinquantaquattresimo in morte di mio padre

Sono le cinque ed è già da un’ora che sono in piedi.
Sorseggio il caffè, anzi il latte e caffè e ti vedo al recapito ad attendermi.
Sto arrivando e penso come sarebbe stata la nostra vita insieme.
T’obbedivo cogliendo il volere tuo e non l’indicazione.
Eri forte nel comando e nel volere, ma non ti ero da meno nella mia autonomia d’azione.
Fanciullo e tutti gli errori dell’età, ma l’uomo andava formandosi.
Con la tua morte il processo s’è fermato e la libertà ha ubriacato la volontà.
Ero peccaminosamente libero.
Così mi sembra oggi a distanza di tanti anni, papà.
Fai il conto, sorrido.
Ti sei fermato a cinquantasei e io ora ne ho sessantotto.
Quanto sono più vecchio di te, e se è vero che l’età dà esperienza, quanto di te più esperto.
Ti avrei usato come gioiello e trattato come anello al dito.
Perché pur non essendoci, sei stato al mio dito sempre e ancora.
Mio figlio che porta il tuo nome, lo sento distante.
A volta sembra di non amarmi.
Mi fa soffrire e penso a quanto amore si perde nel dono.
Donare amore è più bello che essere amato.
E io te ne ho donato tanto, che credo nessun figlio possa.
Critico sempre e tu lo sai, ma innamorato.
Anche il tuo profumo e non ne usavi, ho ancora nelle narici.
Eri essenza di bella carne, padre mio.
Sì, oggi è diciotto ottobre e mancano dieci giorni al tuo anniversario in morte.
Perdo il filo a contare gli anni, cinquantaquattro.
Mi sono aiutato con la calcolatrice.
Vorrei trasmettere a mio figlio un po’ di questo amore e fargli sentire il dolce.
Il dolce struggimento del nome … Papà.
Avrei voluto i tuoi anni vicino.
I miei al tuo omonimo, mio figlio, vicini.
Due negazioni.
Ma forse tutto ciò che si afferma è solo per negazione e non per adesione.
Credo che tu sorrida di quest’uomo vecchio e ancora figlio alla ricerca del padre.
La vita segna e la tua dipartita ha prodotto ferita mai sanata.
Un’attesa che ha colmato una vita e forse cesserà solo con la perdita della mia, padre.
Vorrei che queste parole carezzando la tua canizie, confortassero la mia.
Avrei voluto la tua mano d’anni sulla mia, vorrei la mia d’anni più pesante su quella di tuo nipote mio figlio.
Per dire che la vita è Amore e se non le diamo amore, la condanniamo all’asfissia.
Quella che io provo con figli e nipoti lontani.
Mi resta pochissimo in presenze, padre mio, di quella nostra così breve insieme.
Carolina è già lì con te e con la mamma.
Io qui con Giovanni che tu hai potuto amare solo per sei mesi.
Il vostro frutto il mio tormento che ogni giorno mi tiene legato a voi.
E così tutto scorre come un destino scritto.
Vale padre mio.
Chissà se il tempo mi concederà ancora altri pensieri alla ricorrenza …
Ma non è importante e nulla aggiungerebbe o sottrarrebbe al nostro.
A Te e Mamma, Carolina.

Michele
San severo, martedì 18 ottobre 2016 - 6:00:22 –
©MC

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… e io sento

 … e io sento
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È un trascinamento.
Una “passione” fredda ad alimentarsi di Te.
Il bello de il Sempre.
Come portarsi con Amore e
ne la pacatezza del cercarsi,
sentirne il dolce.
Un fare l’amore de i sensi.
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Michele Cologna
San Severo, mercoledì 18 ottobre 2017
06:49:07
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sabato 17 ottobre 2020

La Verità

La Verità

Questa mattina la verità come un chiodo conficcato nel cervello.
Non lo abbandona.
Forse vuole che ne scriva?
E che le dico che non esiste?
Lo sa, gliel’ho affermato una infinità di volte.
È gelosa della bugia?
Perché la bugia esiste per verità.
La verità no, perché neanche come bugia è raggiungibile.
Tutti non ci pieghiamo a questa verità: l’assenza di verità.
La facciamo corrispondere al nostro pensiero e siamo i primi a smentirla cambiando il nostro.
Verità prima o dopo?
Mai!
Alcune volte per approssimazione?, ma allora è bugia mancata.
Ecco, dove fallisce ogni verità, germoglia una bugia vera.
Non siamo veri mai, se non emendandoci bugiardi.
Spero che mi lasci in pace e bugiardo come una verità consacrata.

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San Severo, domenica 18 ottobre 2020
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due passi al tramonto

due passi al tramonto
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come a suggere l’anima
questo struggimento di
tempo
passi lievi
a percorrere ne il verde
il vento
e …
profumi di pascoli e terra
bagnata
erbe brucate a le narici di
fiato avide
vite
scalpitanti anni acerbi e
l’una confondeva l’altra
su garretti veloci
tracce d’un unico regno
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michele cologna
san severo sabato 17 ottobre 2015
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lacrima

lacrima
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lacrima come pianto
a tergere
una pietà lavata e …
posi

giaccia de il bimbo sparuto
d’orbite di ghiaccio
il tempo
e
di mamme il ventre sterile
di copioso latte nutra

bagni la roccia e sgretoli
d’esseri molli il cuore arido
uomini a perdere
discarica di un dio blasfemo

commuova lui ché di nuovo
possa vestire il vecchio
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michele cologna
san severo lunedì 17 ottobre 2016 - 7:37:48 –
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Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio

«Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio»
Mt 22, 15-21

E mi chiedo, “chi governa l’uomo?”.
Cesare naturalmente.
E Dio?
Cosa governa Dio, se l’uomo deve obbedire a Cesare?
Gli avanzi, le sofferenze, le catene, cosa?
Se mi rispondo l’etica, la morale, il profondo dell’uomo, non mi deve supportare la storia?
E non ha fatto forse più morti la Fede in Dio di ogni altro pensiero e attività umana?
Peggio, la morale e l’etica che si manifesta fratricida, parricida, uxoricida?
E anche quando non tocca gli eccessi dell’assassinio, l’abbandono?
La non cura di chi ti ha generato?
Di chi hai figliato?
Del Fratello, dell’altro?
Ti verrebbe d’affermare che ciò che viviamo, e cioè la nostra civiltà che sta nella separatezza del Positivo dall’Etica, sia l’unica a reggere e nei risultati la migliore.
Se così è, non c’è, né mai potrà esserci incontro tra i due “poteri” e “governi”, Cesare e Dio.
E questo nostro che viviamo giorno per giorno, è il migliore.
Separati campi che calati nell’uomo non può che generare separatezza perenne.
Io non sono l’altro e Cesare non è Dio.
È sotto gli occhi di tutti il fallimento e ieri un discente decapita il proprio docente.
Allora?
Come ad ascoltare in coro, “Amore”.
Ma Amore non è stato crocefisso e a Lui preferito il Ladrone?
E fuori dalla storia narrata, non lo riscontriamo nella nostra presente?
Allora?
È vero, mi ripeto, ma qualcuno sa rispondere a questo fallimento dell’uomo che va avanti da sempre?
Il potere e il governo di Cerare e di Dio saranno sempre uguali a se stessi, perché l’uomo è, sarà sempre se stesso.
Egli è Unico nella scissione dei poteri, come unico è nella morale e l’etica.
Nasceranno i Socrate e i Gesù e saranno assassinati.
Sempre.
Caino ammazzerà Abele.
I Gulag, come la Shoah, le Foibe e Marzabotto.
Erdogan e Putin, Trump e Bolsonaro.
La Merkel e Conte, Orban e Salvini.
Repellenze e tifoserie.
L’Uomo e il suo Essere Cesare e Dio.

Michele Cologna
San Severo, sabato 17 ottobre 2020
07:45:08

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giovedì 15 ottobre 2020

gaia

gaia

 

 

 

 

impetuosa…

e dei suoi passi ignara

conduce il ritmo

 

bella…

ti sfiora e dell’essenza

respirano le narici

movenze

 

calda…

asconde della verità

l’arcano

 

e…

 

indice di senso

ad alcun testamento

rinvia

l’inconsapevole fardello

 

 

 

michele

 

(san severo, 09/10/2011 8.59.08)

 

 

 

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza il consenso dell'Autore.

 

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mercoledì 14 ottobre 2020

Un “fare”, e il fare

Un “fare”, e il fare
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C’è un fare e il fare.
Solo l’articolo allo stesso verbo e si aprono mondi differenti e non comunicanti.
Il fare è degli uomini e credo di ogni essere vivente.
Una necessità insita ed eseguita nel DNA.
Fatto di gesti e forza, di intelletto e pratica.
Mestieri e studi.
Di fatica che stanca e ti restituisce alla vita.
Quello con l’articolo indeterminativo è altro.
Privilegio e affanno, croce metafisica che non stanca la forza, ma demolisce la vita.
E l’esistenza assume aspetto altro e significato.
Non si afferra, ma distrugge.
Questo fare è del pensiero non cognitivo e neanche speculativo, “è”.
Aseità senza Dio.
Una presenza immanente.
Assenza che regna.
Peso a cui non ti sottrai e insostenibile.
Masso che non raggiunge mai l’apice.
E …
Quando sei lì, lì per agganciarlo, precipita ancora rovinosamente a valle.
E sai che devi ritentare la salita e vedi che è abisso e non puoi fermarti.
Devi.
Non quello kantiano legato alla morale, imperativo categorico.
Assolutamente no!
Amorale e antistorico, eppure concreto e devastante.
Un “fare” pesante come una croce che ti ha vestito e non puoi dismettere.
Flusso, senso che ti travolge e niente gli e ti sta vicino.
Né la morale, né la conoscenza, né Dio.
Empirica Presenza Assenza.
Fantasma che veste la vita.
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Michele Cologna
San Severo, mercoledì 14 ottobre 2015
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A proposito del dolore …

A proposito del dolore …
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Il Padreterno consegnò all’Uomo l’Eden con una sola raccomandazione, non doveva toccare l’albero del bene e del male.
La felicità perpetua nel posto più bello e desiderato, in cambio dell’ignoranza.
Cosa ci riferisce la scienza?
Che l’uomo passa da ludens a faber e inizia il suo percorso.
Da raccoglitore a produttore.
L’albero del bene e del male e la conoscenza.
Dal gioco e raccoglitore, a produttore e il comprendere.
Il lavoro minacciato dal Creatore nella fatica e il dolore.
La fatica e il dolore nella costatazione del percorso evolutivo.
Fatica e dolore.
Lavoro.
Vita e Senso.
Ho memoria di vecchi contadini e massari, braccianti della rinnegata e rimpianta civiltà contadina.
La loro serenità e la fatica, il lavoro e il dolore erano Grazia di Dio.
I figli “a padrone” davano nel dolore dell’assenza serenità: avevano il pane quotidiano.
“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”.
Dalla serenità dell’accettazione, alla pretesa senza condizione.
Il lavoro non nobilita, mortifica e il dolore da abbattere.
Vita e senso si sono staccate e non camminano più insieme.
L’immortalità un’aspirazione praticata nella cancellazione della morte come necessità.
La felicità una ricerca disperata nel benessere tout court e la chimica, chirurgia e medicina.
Appartenenza sciolta in un “socialismo” privo di struttura.
Individui esasperati e narcisi.
Somatari senza senso e speranza, pretesa se non nell’immagine del sé glorificato.
Il senso una direzione di marcia verso il successo dell’immagine che dà felicità.
E la Potenza, l’Atto, il Gesto stemperati e annullati nell’asfittico dell’immediato.

***
La madre aveva curato il padre morto di ADS.
S’era ammalata a sua volta insieme a tre dei suoi quattro figli.
Lei bambina sgraziata nell’aspetto li aveva curati tutti seppellendoli.
Era sola nella sua Bellezza di Dea.
Il padre comboniano la presenta alla troupe di “C’era una volta …” che commuove e chiedono al padre se possono fare qualcosa per quella bambina martire.
Il padre chiede a lei e lei si schernisce.
Non vuole niente.
Insistono e insiste il padre, lei arrossendo chiede una caramella.
Ho pianto e ho cercato quella figliola, avrei voluto adottarla.
Sono trascorsi tanti anni e non ho dimenticato il volto, la bellezza e le lacrime ancora di questa mattina.
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©Michele Cologna
San Severo, venerdì 14 ottobre 2016
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A te … io dico

A te … io dico

E io dico a te che cammini il giorno e non hai memoria.
A te, “Ragazzo” mio, e ti dico che io ho conosciuto il vero.
Un vero pieno d’ogni grazia e disgrazia. Miseria e Grandezza.
Quando la Parola era onore e al disonore si preferiva la morte.
Realtà triste e dura, granitica come roccia e disperante destino.
Povertà estese come oceani, ricchezze immense e i limiti.
Disuguaglianze da indignare Dio e la Storia. Ogni credo.
Un mondo per destino inaccettabile e l’attesa, la speranza.
Non come fine. Sopportazione al giorno e la fatica.
La notte su nuda terra, libertà. E il buio riposo al dì nascente.
Fatica. Da l’alba al tramonto, il sole l’ora.
Nella continuità l’affranco e il sogno. La tragedia.
La farsa al bugiardo che era perdizione e salvezza.
Sfuggire alle braccia del destino e la considerazione.
Colpevole senza giudizio e perdono, ascolto.
Epos d’uomini tragici e il peso di storie senza luce.
La verità d’ogni uomo nella sua. Storia fattuale propria.
Intoccabile totem, dio del male il ginocchio non flesso.
Coltello al fianco e schioppo in spalla. Lupo.
Homo homini lupus.
E io, “ragazzo” mio, de l’affermazione ho vissuto il vero.
Bugiardo al Dio confidente e spietato come il vivere la vita.
Eppure in tanto c’era il passato come oro e perduto tempo.
Il futuro in sé come potenza e il presente felicità di senso.
“Dio non peggio”, la preghiera al mattino segnando il capo.
La moglie “la padrona” e le figlie onore e la dote.
Speranza ne la scalata sociale.
Il figlio la continuità di lavoro e storia e il ribelle fuori.
Indegno a Dio e al padre, al destino del focolare.
Un sentire tragico e grande che ha reso l’Uomo a la civiltà.
Questa statica in una progressione governata dall’uomo.
E il Sacro che non esclude miseria e il Crocefisso n’è prova,
nei passi e il destino. Il continuum.
Ancora.
Nella Verità nulla è cambiato, perché così Era, È, Sarà.
Il Mondo girerà sempre nello stesso verso, Ragazzo.
È mutata la violenza che sistema si manifesta diversa.
Homo homini lupus sempre.
Ma il lupo ha vestito i panni dell’agnello e bela dolce.
Affascina. Cattura. Illude. Promette felicità e dissacra.
Non c’è più il Padre e la Madre, il Fratello, la Sorella, l’Altro.
Dio e il Quid.
Tu e solo Tu che vesti tutti i panni e Dio solipsista ti credi.
Ti pensi e operi pieno e sacco alleni il Mostro a sé uguale.
In cangianti vesti e alcun Senso a difenderti da l’Eterno.

Michele Cologna
San Severo, mercoledì 14 ottobre 2020
08:58:08

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martedì 13 ottobre 2020

Domenica 14 Ottobre XXVIII Domenica del Tempo Ordinario

Domenica 14 Ottobre XXVIII Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo secondo Marco

 

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».

Parola del Signore

***
Ieri ho letto un cartello, esibito alla manifestazione pro il Sindaco di Riace.
Riportava la scritta e me ne scuso di postarla qui, “Buonista un cazzo”.
Ecco l’offesa del tempo: se sei umano, sei buonista.
Un dileggio, offesa grave, sentimento da femminucce.
E si ammazzano le femmine, si scaraventa una figlia dal terzo piano, si escludono bambini poveri e immigrati dalle mense scolastiche, si … e si fanno cose assurde incomprensibili in nome di una realtà cruda che non ammette sentimento.
Forse i tempi del Nazareno somigliavano a questo nostro …
Aggiungerei che i tempi sono sempre simili nella discontinuità della storia che del tempo è l’immagine.
Ebbene Gesù sentendosi apostrofato “buono”, si irrita.
Buono e imperscrutabile è il Padre Suo che è nei Cieli, Egli ne segue solo la Volontà che si estrinseca in Comandamenti Morali.
Comandamenti morali, comportamenti etici e quella donna che esibiva il “cartello” esprimeva tutta la sua indignazione.
Quello, un tempo senza Umanità e Dio, questo nostro tanto simile.
E ci nutriamo della voce del “popolo” che salva Barabba e crocifigge Gesù.
Non viene in mente niente?
Essere Figli dell’Uomo Dio Padre è rispettare i suoi Comandamenti che sono in noi, prima della scrittura.
I crocefissi di sempre sono i più deboli: le donne, i bambini, i vecchi, il barbaro.
Gesù oggi è l’immigrato, il bambino escluso dalla mensa scolastica, il vecchio escluso dalla civiltà, la donna stuprata e assassinata …
Egli è il debole perché ha in sé il Senso che dinanzi alla ferocia del popolo è buonismo.
Pilato se ne lavò le mani e ancora …
Alto s’alza il grido di “Crucifige” e Barabba salvo governa per volontà popolare.
Il Popolo al governo e l’Uomo alla gogna del buonismo.

Michele Cologna
San Severo, sabato 13 ottobre 2018
09:30:20

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lunedì 12 ottobre 2020

reduci

reduci
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tessono in riunione reduci
stame di voci
canti di glorie e inni al sé
trofei di somatiche gesta
in consumati riti

conduttori epici di perdite
non accette
e
incestuose amazzoni d’un
dio fallico
come in fase libidica terza

ne il primato de l’edipico
vincolo
impugnandolo
consumano tempo e bile
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michele cologna
san severo mercoledì 12 ottobre 2016 6:05:04
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venerdì 9 ottobre 2020

Stamattina …

 

Stamattina …
o de “il signore è il mio pastore, non manco di nulla”

Un peso.
Grave che schiaccia.
Il petto, il respiro, lo sterno, la mente.
Pensi la fine.
Senti il dolore.
Di assenze ancora più dello schiacciamento.
Fatica il respiro e lo cerchi in affanno.
Di padre e madre, sorelle e fratelli, figli e nipoti.
Inali la mancanza che pugna l’accesso.
Ti pensi e sei malato e non capisci se il virus, un disturbo, o di anni.
Si affaccia il sole e ti giova.
Alleggerisce come la speranza di un’attesa che non sai.
Speri.
Cosa?, e l’interrogativo naufrago naviga il silenzio.
Non di udito e ragione, deriva di bonaccia.

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Michele Cologna
San Severo, sabato 10 ottobre 2020
07:39:49

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La Miseria dell’infamia

La Miseria dell’infamia
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Come se tutto il malanimo del mondo mi schiacciasse.
Una notte da incubo.
Alcun riposo e il sentire vero che mi perfora la mente.
Il mio dramma e sentire con un senso che non ci appartiene.
E non so se per cessata animalità, o per mia elevata spiritualità.
Propendo per la prima.
Come a dire eravamo migliori come bestie.
Però d’ogni persona comprendo quello che manifesta e quello che nasconde.
E così di familiari, amici e conoscenti percepisco il vero della loro anima.
Sempre ritengo di sbagliarmi e m’illudo.
M’illudo perché l’animo che ho letto e ho scacciato come brutta lettura, si manifesta e non m’ero sbagliato.
Per difetto e non per eccesso avevo compreso il vero.
La mia tragedia.
E non sapendo fingere la vivo e vivendola le ferite.
Perché?
Non ho mai trovato il perché!
Mi attribuisco colpe per giustificare, ma sono palliativi che non coprono la verità.
E la verità fa paura.
Non a me che non temo pesi e ingiurie.
A un mondo che sgretola sotto il peso di un’indecente Umanità che regge l’Uomo sulla parvenza.
E non della cosa in sé irraggiungibile, ma della miseria dell’infamia.
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©Michele Cologna
San Severo, domenica 9 ottobre 2016 - 6:12:40 –
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Spolia opima


Spolia opima









Consacrami spolia opima tu, mia vincitrice.

L’onore al combattente, seppur io non comandate e ancor meno nemico, va concesso.

Pugnando t’ho perduta perdendomi, e nel consegnarmi t’ho ritrovata non mia.

Estranea mi conduci come morituro, e nella vergogna della perdita ancor vivo.

Con l’onore delle armi, quello della morte vorrei.

Lei sola e taciturna, amante ultima e per sempre.

Il suo bacio, acqua che placa alla foce.

Sul carro l’armatura dell’uomo e la sua parola falsa.

La grandezza nella sua miseria infinita.

Celebra lui perituro per nascita e indomito Dio.

E nell’orazione, declamalo flesso e battuto, piegato e piagato, ma in ginocchio mai.

Onore dovuto alla sua palpitante spoglia.







Michele Cologna

San Severo, giovedì 9 ottobre 2014





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giovedì 8 ottobre 2020

… una insufficienza

… una insufficienza
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Guardo la mattina e
osservo.
Piango memoria.
Lacrime di te, luce d’un riflesso
sottratto.
Il nostro, risveglio d’albe
reminiscenti, a meriggiare dì.
Legati al filo d’anni fanciulli,
di noi a tenere nodi,
corde spezzate di tempo, ne
l’ingenuità de i sogni, ingrato.
Sì io solo, posto a lui davanti,
logoro d’anni e fatica, noto
l’insufficienza.
Orizzonte di un’incapacità ad
essere e s’attorciglia.
Viscere dissolute di materia
a la potenza sciolte e neganti
l’atto.
Un umano deviante …

Devianza d’una sembianza.
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Michele Cologna
San Severo, lunedì 8 ottobre 2018
08:40:59
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Passi colorati una mattina

Passi colorati una mattina

 

 

 

 

 

Come a camminare i colori,

questa mattina io e il bello

si fa gioia e il fischio afono

pensiero, “cosa ne sarà …”.

E gli anni come acini de il

mio, si sgranano a la prece.

Rosario di noi insieme e la

nostra. Loro. Recita senza

replica. Atto unico. Salmo.

Verità che spoglia il dato e

vestendolo di bugia l’orna.

Ricamo aborale su l’ordito,

opera no scritta e a la fine.

E di buio s’agghinderanno

vivaci, negletti al giorno e a

la notte voce. Pianto, sogni

eterni di vita breve, come il

giorno ai passi colorati, una

mattina. E né tace la grazia.

 

  

 

 

Michele Cologna

San Severo, giovedì 8 ottobre 2020

11:23:25

 

 

 

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