Questa mattina, zia Soccorsa
Il pensiero.
Dolore antico d’inflitto dispiacere.
Una zia.
Sorella minore di mio padre, zia Soccorsa.
Povera, povera, povera …
Il termine ripetuto all’infinito e non renderebbe la
condizione.
Abitava un basso nel quale oggi non metteremmo un cane.
Il marito tisico e di sanatorio in sanatorio.
Di mestiere fornaio e malato sempre.
Zio Ciro Luca, e lo associo al fazzoletto sulla bocca che
raccoglieva sangue.
Donna umile.
Quanto umile, la mia povera zia.
Miope, miope come una talpa e portava occhiali che erano
fondi di bottiglia.
Cerchiati.
Cerchiati.
Gli occhi dietro piccoli.
Ma tanto piccoli che mi danno ancora le lacrime.
Tutti i fratelli la usavano disprezzandola e lei si
sottometteva con una docilità che non comprendevo e ancora.
Era “sciuerta”, il più delle volte con l’accrescitivo, “sciuertona”.
Cioè trasandata, sporca, non curata.
Dava cattivo odore.
È vero, ma penso che lei non vedesse a un palmo dal naso.
Quasi cieca direi.
Provavo dolore per lei e non capivo la sua umiltà nel
sottomettersi.
“Aspetta Soccorsa, ti do la sedia!”
Aspettava.
Si recava a fare visita nonostante.
Lo capiva che non era accettata, ma per affetto subiva il
martirio.
Quando andava via lei si lavava tutto quello che aveva sfiorato.
Direi si sterilizzava.
Mio padre e non ricordo il motivo, ma quello che mi disse
sì.
“Papà, per qualche giorno starai da zia Soccorsa, fai il
bravo, mi raccomando.”
Ero piccolo, forse alla prima o seconda elementare e sono
stato anticipatario, avrei gridato il mio no.
Ma a mio padre non si replicava e la condanna.
Avevo in schifo la mia povera zia e anche un suo bacio
era repellente.
Stetti da lei meno di due giorni e papà corse a
riprendermi.
Non mangiai e non bevvi, non dormii.
Seppi dopo dal commento di mio padre con la sorella
Vincenza, la sua preferita, che la zia Soccorsa allarmata lo raggiunse a piedi
in campagna, undici chilometri, e:
“Se non ti vieni a prendere il bambino, quello muore”.
“ Non mangia e non beve”.
“Non si è nemmeno coricato nel letto”.
Ridevano, e non so se della mia sensibilità bambina spregiudicata,
o dell’azione in sé, io, però, questa mattina lacrimo la colpa.
Ho casualmente ripetuto un suo modo di dire e la stretta
al cuore e le lacrime.
Con Tonia a dire.
Come lei potesse essere tanto umile nell’accettare il
discrimine e sottomettersi.
Non lo capisco.
Una lavoratrice instancabile e ha allevato da sola sei
figli.
Altri morti.
Di una bontà sconfinata.
Non era bella e se sì, non lo sembrava.
Ma che Donna!
La ricordo a portare mattoni quando si costruiva la casa
insieme al figlio Donato, mancato muratore e non, sebbene molto giovane, per
età.
Però da sola e senza l’aiuto di nessuno uscì da quella
condizione di miseria assoluta.
È ancora in piedi la sua fatica ed è abitata dall’ultima
delle figlie.
Conservo solo una foto di lei.
Non la metto per rispetto.
Mi sembra un delitto.
Sta lei afflitta e in lacrime con i figli e il marito a piangere
il bimbo di pochi mesi morto.
Michele Cologna
San Severo, venerdì 31 luglio 2020
09:15:35
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