La zizzania e il contadino
La mia esperienza di “contadino” è sui generis.
L’amo per antica appartenenza, figlio d’agricoltore e la
passione.
Struggente che mi ha accompagnato negli anni con la
speranza di praticarla un giorno.
“Volli, e volli sempre, e fortissimamente
volli”.
Anch’io come Lui e in età tarda ho
realizzato il sogno.
Certo non ho ritrovato il fanciullo
che amava la campagna preferendola al mare, ma il senso d’essa.
Ho scritto tanto, ma l’insufficienza
non consente di raggiungere il pieno mai.
È bella la campagna coltivata e ancora
di più vista nel particolare d’ogni coltura.
Ti affascina e nella bellezza rapisce.
Formidabile il contadino nel “gesto”.
Un chirurgo al lavoro.
Il fanciullo?
Quello d’essa rapito?
Ho cercato e mi sono avvicinato, l’ho
sfiorato, ma non l’ho identificato se non nei passi.
Camminare la Terra.
Osservare il passo e su cosa poggia.
Quello che calpesti con la curiosità
del non sapere.
Cambia ogni approccio e ho ritrovato
il fanciullo.
Lo sbalordimento e il fascino, l’immenso.
Quello che il contadino coltivando
perde.
Scopri che non ci sono erbacce e ogni
pianta è in sé grandiosa e utile.
Anche la zizzania.
Lolium temulentum, non grano e nociva all’uomo, ma d’altre
specie viventi nutrimento.
Il contadino pensa al suo prodotto e al lavoro.
La raccolta che ripaga.
Ma il contadino non è il tutto e la natura non è sua.
Essa è del Fanciullo che è occhio e pensiero non
finalizzato.
Anche la zizzania ha diritto e utilità, non per il
contadino, ma per tante specie viventi.
Michele Cologna
San Severo, sabato 18 luglio 2020
07:31:54
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