martedì 12 gennaio 2010

L’Immondo risanato…

L’Immondo risanato…

Non fece in tempo a tornare, e la quiete a ritirarsi.
Pochi giorni di convalescenza e nell’anima di quasi tutti era ricominciato a germogliare quel desiderio di serenità, che è poi la ricerca dell’umano sentire.
Dell’umano.
Ma v’è anche chi pur dell’uomo avendo sembianze ne incarna solo la parte ferina.
Quella, cioè, che sta non nella corteccia cerebrale, ma nelle fauci.
L’inopportuna effige, che per caso ne aveva fatto saltare una piccola parte, guidata dalla mano del signore avrebbe potuto ben altro…
Ma si sa, è risaputo dalla notte dei tempi, che il bene non è stato mai capace d’affondare i suoi fendenti.
Non è mutato nonostante le sue continue sconfitte.
Ha lasciato sempre per umana pietà che l’immondo si riprendesse, e egli con aspetto mutato e con aggressività sempre diversa ma più incisiva, ha continuato il suo percorso alla conquista della distruzione unico suo obiettivo.
Mors tua vita mea.
Puoi mettergli anche tutto a disposizione, cercherà sempre altro e per ottenerlo scannerà la madre, il padre e i figli…
Questa è la condizione dell’immondo.
Di volta in volta con aspetti differenti e sempre più raffinati e subdoli, ma la sua costante nel tempo è la distruzione dell’altro che è il suo cibo.
Il suo bene.
Il suo solo soddisfacimento.
Si obietterà che questa visione è manichea, e ch’essa è stata superata dagli eventi e dalla storia.
Certo!
L’umanesimo, il rinascimento, i lumi e poi la Ragione, avevano condotto all’età dei diritti e questi a loro volta avevano seppellito il manicheismo, avendo una visione articolata della realtà e non duale: in bianco e nero.
L’uomo e la sua storia avevano iniziato un nuovo percorso in progressione.
La progressione s’è arrestata e non riusciamo a comprendere se solo momentaneamente o per sempre, e ha fatto parlare di fine della storia.
Cioè, ha azzerato la ragione per ripristinare il fato.
Il Dio che riscatta non l’anima, ma l’uomo nella sua temporalità.
Il “così è sempre stato, ma c’è la giustizia divina”, che corre sulla bocca di tutti.
Non a caso gli intellettuali si sono ammutiti.
L’intellettuale ha come sua fonte la ragione e quand’essa cessa di produrre deve per forza tacere.
Se improvvido parla, o è fomentatore di odio in un mondo dell’amore, oppure un residuato arcaico che dovrebbe vergognarsi.
L’intellettuale può essere organico o non, ma la sua musa ispiratrice è la Ragione.
Se essa è bandita, egli non può che tacere.
Fine della storia, fine dei diritti.
I diritti sono un peso insopportabile.
Intralciano.
La corsa a soppiantarli con la sostituzione del culto della persona.
Della personalità.
Attenzione, non della personalità come essere che richiede l’intervento della ragione, ma dell’immagine che non chiede, affascina.
Ammalia.
È bello lui, farà bello me.
Ricco lui, ricco io.
Si è costruito lui, mi costruirò io.
Le leggi, l’etica e altri buoni propositi sono strumenti degli incapaci che si avvalgono di tali argomenti per imbrigliare chi vuol fare.
Il duo che ha fatto e fa scompisciare di risate gli italiani e i leghisti in particolare, I Fichi d’India, in una loro di successo strepitoso affermano: “è nato povero, è cresciuto povero, è morto povero, che cazzo è vissuto a fare”.
I diritti non solo intralcio, ma strumento degli imbelli.
Arma di chi vuol vivere a spese degli altri.
Coloro che producono ricchezza, non importa con quali mezzi se leciti o illeciti, sono la parte migliore della società e vanno lasciati liberi di fare.
Son loro che meritano il governo del paese.
Scuola pubblica, ricerca, ospedali, magistratura – ancora attenzione, non le istanze della politica, che son le più costose e inefficienti. Se ponessero mano a queste, non avrebbero il consenso della Casta - e tutti i santuari della Ragione vanno affamati.
Resi inefficienti.
E come?
Tagliando i fondi.
Non lo si dice chiaramente che sono strutture che infastidiscono perché formano, controllano.
No, non si danno soldi perché il debito è alle stelle e poi sono dei burocrati sfaticati, comunisti, baroni e chi più ne ha ne metta.
Ai diritti si è sostituito quello del più forte, bugiardo, subdolo, corrotto, manipolatore…
Alle leggi la volontà del padrone…
Alle pari opportunità di partenza, la furbizia, il corpo: alla giovane che contesta perché le viene tolta la possibilità di far valere la propria formazione culturale nel mondo del lavoro, il premier risponde, “ma lei è così bella che può sposare il figlio di Berlusconi!”.
Ragazzino io, parliamo di oltre cinquant’anni fa, stavo un giorno con gli operai in campagna e da loro ascoltai le parole che vi riporto: “caro mio, i soldi o ce li hai perché sei nato ricco, oppure te li puoi fare solo con il cazzo”.
Non il lavoro, l’onesto lavoro.
Rabbrividii allora, ancora oggi.
Ma dei figli educati al rispetto delle leggi, delle persone, delle istanze democratiche, educati alla civiltà formatasi sulla ragione che ce ne facciamo?
Li rottamiamo?
Li riconvertiamo al nuovo sentire?
Li suggeriamo di scordare la civiltà per la legge della giungla?
Amare considerazioni… dopo l’ascolto della rassegna stampa di questa mattina.


Michele (san severo 12/01/2010 9.37.06)

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