venerdì 29 gennaio 2010

Inchino al sentir tuo il mio…

Inchino al sentir tuo il mio…

Invero, il padre tuo non sono.
Non ho pensato esser lui per un sol momento.
Meschino, di confessione tuo il manto m’occorreva a coprir la mia…
Vergogna!?
Sì!?
A volte il pensiero ancor ruffiano, poi ti porta dell’abietto al pianto.
Or so che la stessa ferita ci reca a tormento.
La tua che giovane di me alimenta il taglio…
dà brividi che novella linfa il tarlato legno irrora.
Codice ella m’impone, e rinunce assai grevi…
Bellezza mi travaglia, e il cuor mi strugge d’amori ammaliati di dolci suoni?
Sì!, è vero.
Di qual peccato sia il verbo dell’amor che non arreca dolo?
No, io non so!
Alta è la posta, certo, e rinunciar non posso...
E seppur nessun delitto il suon trascina, ammendante inchinerà al desio.
Quando quiete avrà il dominio espanso, dimmi, o mia Signora:
ne li occhi tuoi cullerà i suoi la dolcezza?
amor ch’ora pascola il tuo verde e arde le stoppie sue, camminerà teco?
vergineo il fior tuo olezzerà avante l’immago d’anni percorsa?
danzeranno i vostri di petunie e d’asfodeli i sentieri al cammin?
Se pietosa chinerai lo sguardo tuo a le rughe del tempo…
e lacrimerai amari e lai a l’osato, che sarà del suo cuor straziato?
Nomade e fiero il passo monti e mari e piane navigò senza approdo…
e ne la memoria mal riposto conserva ardor, ma vecchio a lui cederà il cor.


Michele (san severo 29/01/2010 20.10.37)

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