Inchino al sentir tuo il mio…
Invero, il padre tuo non sono.
Non ho pensato esser lui per un sol momento.
Meschino, di confessione tuo il manto m’occorreva a coprir la mia…
Vergogna!?
Sì!?
A volte il pensiero ancor ruffiano, poi ti porta dell’abietto al pianto.
Or so che la stessa ferita ci reca a tormento.
La tua che giovane di me alimenta il taglio…
dà brividi che novella linfa il tarlato legno irrora.
Codice ella m’impone, e rinunce assai grevi…
Bellezza mi travaglia, e il cuor mi strugge d’amori ammaliati di dolci suoni?
Sì!, è vero.
Di qual peccato sia il verbo dell’amor che non arreca dolo?
No, io non so!
Alta è la posta, certo, e rinunciar non posso...
E seppur nessun delitto il suon trascina, ammendante inchinerà al desio.
Quando quiete avrà il dominio espanso, dimmi, o mia Signora:
ne li occhi tuoi cullerà i suoi la dolcezza?
amor ch’ora pascola il tuo verde e arde le stoppie sue, camminerà teco?
vergineo il fior tuo olezzerà avante l’immago d’anni percorsa?
danzeranno i vostri di petunie e d’asfodeli i sentieri al cammin?
Se pietosa chinerai lo sguardo tuo a le rughe del tempo…
e lacrimerai amari e lai a l’osato, che sarà del suo cuor straziato?
Nomade e fiero il passo monti e mari e piane navigò senza approdo…
e ne la memoria mal riposto conserva ardor, ma vecchio a lui cederà il cor.
Michele (san severo 29/01/2010 20.10.37)
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