un pieno
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e il vagito riempie la grotta
poppando al suo veleno sì
lembo amaro di storia non
cercata e gestante violenza
a la stalla mozzo il figlio del
nulla a lui destino mancato
tempo torvo come pena a
reggere un perché ignorato
e cresce
asfissiante l’affanno di essa
quale esistenza di un vivere
maschera straziata rovescio
cielo impastato di nero fiele
miserrimo dio a regnare egli
un limbo si sconnesse pietà
sostituzioni di arati prodotti
campi coltivati a l’inganno e
d’amore come croce muore
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michele cologna
san severo martedì 29 settembre 2020
06:44:52
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Copyright© 2020 Michele Cologna
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Grazie a tutte le amicizie che ho letto con affetto e amore.
RispondiEliminaSono molto stanco e non risponderò a ognuno scrivendo.
Con il cuore che batte all’unisono con il vostro.
Chiese al suo Dio Giobbe, “Avranno mai fine le parole vane?”.
E si ammazza, si toglie per sempre dalla faccia della terra, come una volta si diceva, due sorrisi.
Due giovani innamorati e pieni di vita e futuro.
Loro che volevano coronare il loro sogno d’amore facendo vita comune.
Muoiono perché “troppo felici”.
Si dirà è mente malata.
Tante cose verranno dette, ma non la verità.
Perché dire la verità è il fallimento dell’uomo.
L’assassino è figlio nostro educato e perbene affermano tutti.
Quel ragazzo assassino è vuoto.
Vuoto di storia e tempo.
Cultura e ragione.
È un Dio del Tempo nostro come gli altri bruti che massacrano Willy.
Come l’uomo che ammazza i figli gemelli per castigare la moglie.
Il padre che ruba la vita al figlio per farla sua per sempre.
La nostra realtà è un mostro che coltiviamo bello.
Non c’è sofferenza, responsabilità, amore.
Appartenenza e legami e il mondo è stato sempre così.
Questa affermazione che corre sulla bocca di tutti, è la mamma e la cultura del mostro.
Non è stato sempre così.
Il mondo è stato sempre violento, ma in quella violenza c’era un senso.
E mai, mai l’assassinio per “troppa felicità”.
È accaduto a Torino che un ragazzo venisse assassinato perché era sempre sorridente.
Non si fece caso perché l’assassino era diverso, scuro di pelle.
Non era bianco, la purezza.
Questi invece è bianco e perbene, studente universitario e praticante infermiere.
Un modello.
È pazzo e ci salveremo tutti l’anima.
No, no, no e lo ripeterei all’infinito.
È il frutto di questo nostro tempo senza “futuro” e “passato”, bloccato in un “presente” asfissiante e senza storia.
Che significa senza cultura, appartenenza e lacci, parentele e relazioni che danno forma e contenuto alla civiltà del vivere insieme.
Piaccia o non piaccia, quel figlio assassino senza senso e pietà, cultura e civiltà, quel vuoto a perdere è figlio nostro.
Mio, tuo che leggi, tu che giri la testa dall’altra parte, tu che ti fai dio e punti il dito al diverso, quell’orribile mostro l’abbiamo partorito noi tutti.
Tutti.