lunedì 29 marzo 2021

Tu

Tu
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Tu, soggetto e oggetto. Tu
causa d’insolubile difficoltà
al cognitivo processo.
Tu!
Analisi che non tiene ratio
e Tu, mancato per sintassi,
cura a reggere la reticenza
antica.
Tu.
Aposiopesi, verbo taciuto,
d’inadeguato fluire. Diga a
contenere l’imperio di una
Parola non raggiungibile pe’
conoscitiva scienza.
Tu …
Errore di una perseveranza
e no di consapevolezza, ma
di fede negata a Lei, la sola
a giustificare il Senso d’una
Aporia possibilità negata.
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Michele Cologna
San Severo, lunedì 29 marzo 2021
08:11:23
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Copyright© 2021 Michele Cologna
diritti e riproduzione anche parziali
riservati
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venerdì 26 marzo 2021

è

è
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e a ogni lei scarlatta
mostrasi a la favola
perenne odore uso
di mai distratto loco
a rinverdir pensiero
 
è
 
destino che avverò
il vero come bugia a
l’attesa e d’anno in
anno più si effonde
profumo a lui alzato
 
è
 
colore che macchia
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michele cologna
san severo sabato 27 marzo 2021
07:30:24
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Copyright© 2021 Michele Cologna
diritti e riproduzione anche parziali
riservati
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ps
Per il genetliaco di Ibisco Rosso, anno 2021.
Gentile Amica il mio, dono a te augurio di buon compleanno e vita.
Serenità e gioia, inno all’Amore.
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sabato 20 marzo 2021

C’è un tempo, un tempo sempre …

C’è un tempo, un tempo sempre …
 
E io questa mattina sento finito il tempo di Salvini.
Quello di Renzi e Berlusconi.
Di Grillo e Travaglio.
La Gruber e Padellaro.
Dei Mentana e Vespa.
La Meloni.
Il vocio inconcludente degli inconcludenti di cui è pieno l’universo mondo.
Sento il silenzio del Covid che copre oscurandolo quello di Dio.
Il silenzio del Presidente del Consiglio Mario Draghi e mi piace.
Mi rassicura.
La “cosa” sta nelle mani di un Uomo.
Competente e onesto.
Non ha interessi se non il bene comune.
Poteva starsene a casa a godere dei frutti della sua lunga vita di lavoro.
È stato chiamato e s’è messo al servizio.
C’è ancora qualcuno che pensa al servizio da offrire agli altri e alla cosa in gratuità.
Anche un altro è stato chiamato!
Enrico Letta e ha portato senso nell’immediato.
Lo Ius Soli.
La cittadinanza agli italiani che hanno il peccato originale d’essere figli di immigrati stranieri.
Una vergogna degna di uomini dimezzati e inumani.
Barbarie con retaggio fascista.
Alcun interesse e ha lasciato un lavoro degno per contaminarsi di coloro che fanno “vergognare” il comandante in capo.
Quel Partito Democratico senza bussola e con tantissimi appetiti.
Anche Papa Bergoglio che ha sulle spalle otto anni di pontificato.
Un Uomo dato dalla Provvidenza.
Lottato dagli ominicchi che si cingono di fede.
Ma la sua grandezza sta nell’Uomo che mai nessuno potrà oscurare.
Tre che mi danno tranquillità.
Fanno riposare l’inquietudine nel pensiero positivo.
L’Uomo Bergoglio.
L’Uomo Draghi.
L’Uomo Letta.
Costoro e la Parola che significa e sana.
Sento che sia giunto il Tempo dell’ascolto.
La loro parola parsimoniosa e il silenzio assordante delle voci dei morti per Covid.
Quanti!
E chi non si porta alcuna responsabilità, lanci la prima pietra.
Silenzio!
Tacete ominicchi e quaquaraquà, osservate loro Tre e apprendete cos’è l’Uomo.
Non ho riportato il nome del Presidente della Repubblica, Mattarella.
Era scontato il suo.
Ha subito l’insulto degli ominicchi, ma ha retto e ci ha dato Draghi.
Non temo la Democrazia dall’alto, no!
Specialmente quando quella dal basso è quel fecciume vociante e inconcludente dei succitati.
Io sono “sereno” cari Letta, Draghi, Bergoglio, Mattarella.
Se gli Italiani vi faranno lavorare e silenzieranno il vocio inconcludente, arriverà anche per loro quel tempo che io sento come anticipo di risarcimento di Senso.
Grazie.
 

 

martedì 16 marzo 2021

Il complotto

Il complotto
 
 
Come fosse stato possibile?!
Una vita a cercare e la verità solo una congettura.
Sei figli e mai la resa.
Volevi sapere.
Interrogavi il tempo e le cose.
Gli attimi che precedettero e gli anni a seguire.
Con tuo fratello, Antonio, che avevi in grande considerazione e amore.
Ipotesi che tali furono e sono.
La madre e la giornata spuria.
La masseria popolata da tanti e quel giorno nessuno.
Il prete e tu eri credente e pura e come Lei eri Maria.
L’invidia camuffata d’amore e comprensione di chi ti era amica nel lavoro.
Qualche anno fa, parecchi, in verità, abbozzai una trama dei tuoi dubbi e certezze.
Dei peccati che mancavano di riscontro nella irraggiungibile verità.
Un romanzo.
Ma questa forma narrante tradisce nella sua struttura.
Di più l’epos che perde la materia.
E tu cercavi la verità.
Io il riscatto tuo.
Una storia non è tale se viene negata alla narrazione che forma e informa.
E tu non avevi gli strumenti.
Io che ti negai sempre l’ascolto, invece sì!
Potevo.
Dovevo.
Questa mattina e tu bussi ancora e le cose mi spingono a scriverne.
Il complotto.
Questo tormento fu il tuo senza venirne a capo.
Tua madre, mia nonna Elisabetta dagli occhi glaciali.
Un azzurro duro, cielo che a volte s’innacquava e prendeva la profondità del mare.
Quella mattina doveva recarsi al paese, Pietramontecorvino, e ti dette in consegna il figlio Diodato.
Perché non portartelo dietro, come sempre nei campi tu al lavoro e il bambino a sostare la bisaccia?
Gli davi ancora “la menna”.
Nelle pause autorizzate, l’abbeveravi ancora al seno, benché di qualche anno.
Nei campi sì, e portarlo con te in paese no?
Diodato, il bambino, era la ragione che tu non dovevi andare nei campi insieme alle altre al lavoro, ma restare a casa ad accudirlo.
La masseria sempre popolata da garzoni e massari, quella mattina deserta.
Il padrone dalla sua palazzina ti chiama e ti ordina cose.
Agnello alla violenza tu.
Eri piccola e delicata, gentile sognatrice.
Lottasti.
Ma Lui era forte e le tue richieste d’aiuto non trovarono ascolto.
Ti prese e tu fosti penetrata dallo “sporco” che mai più ti abbandonò resistendo a ogni lavaggio e figlio.
Le lacrime non furono da nessuno raccolte.
Eri stata fortunata perché scelta dal padrone.
Tutti sapevano e tu che non l’avevi riferito a nessuno, leggevi gli occhi.
Gli sguardi di complicità e il sorrisetto
Colore invidia.
Anche la mamma al ritorno, “ti sei assicurata il pane a vita”.
Non trovasti nessuno vicino a te nella disgrazia.
Anche il prete ed era il volere del Signore.
Il padrone voleva i figli e presto sarebbe rimasto vedovo.
La moglie da tempo malata.
Era solo qualche tempo di attesa e avrebbe legittimato la violenza e i figli del dolore.
La tua determinazione fu piegata.
Tu portata agnello in olocausto all’altare.
Sacrificio che mai cessò e fosti “padrona” al servizio.
Dolore straziante d’anni interminabili e figli sei.
Guardando te a custodia del figlio tuo, Giovanni e lo gli occhi tuoi.
A capo del suo letto e mi scrutavi.
Ho scritto.
Il “figlio del dolore” sente questo innato in sé.
Immanente al suo vivere perché sta nella gestazione essendone il prodotto.
La chiosa a questo e vorrei che Tu fossi serena insieme a Lui che amo, a Carolina.
Aliquid sunt Manes.
E tu, Mamma, tu, Papà, tu, Carolina siete la mia verità fugace che d’anni è già lunga.
 
Michele Cologna
San Severo, martedì 16 marzo 2021
08:11:02
 

 

sabato 13 marzo 2021

Se l’Amore …

Se l’Amore …
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Per un momento, e …
L’Uomo non ha ceduto a la Donna.
Il Padre Eterno non avesse assaporato il piacere.
Quel desiderio che trasforma Amore in Possesso.
La Potenza non si fosse incarnata nell’Atto.
Eva non avrebbe peccato e portato la morte all’uomo.
La morte sconfitta da Eutanasia.
(Morte serena e felice, indolore)
Immaginate?
Tuo il Regno, tua la Potenza, tua la Gloria nei secoli …
Vuote e di Senso sconosciute affermazioni.
Amore sarebbe stato Ordine senza Positività.
Nessuna Legge, un solo Diritto: Amare.
Amare come rapporto, vincolo, aspirazione.
Assurdo!
Un Mondo così e …
Negherebbe quanto abbiamo di più caro e sacro.
Io non sarei più io, e tu non saresti più tu.
Figure Noi di un sentire identico e i colori armonia.
Il possesso e la proprietà sconosciuti per non senso.
Il Figli sarebbero Figli senza possessivo.
La Famiglia, la Donna e l’Uomo.
Figlio
Marito e Moglie
Padre e Madre
Nonna e Nonno
Ogni parentela e vincolo governato da Amore.
La Civiltà una gara d’Amore.
Né Odio, né Guerre e Amore in ogni operosità.
Una gara di generosità e il risveglio.
Tormenta il sorriso.
Un gesto d’Amore al Vecchio offerto, incupiva.
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Michele Cologna
San Severo, domenica 28 febbraio 2021
08:21:51
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Copyright© 2021 Michele Cologna
diritti e riproduzione anche parziali
riservati
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venerdì 12 marzo 2021

Quel “discorso” mai iniziato … e oggi è il mio genetliaco

Quel “discorso” mai iniziato … e oggi è il mio genetliaco
 
E sono settantuno, Mammina cara.
Sono il più vecchio in assoluto della nostra Famiglia.
Papà cinquantasei, tu, mammina mia, settanta, Carolina sessantacinque.
Mi tormenta sempre l’avvicinarsi del mio genetliaco e il tuo dolore che come partoriente, io vivo.
Ho sempre cercato di sottrarmi ai tuoi tentativi di “discorso” e non ancora afferro il significato profondo.
Perché?
Io immaturo?
Non volevo fare i conti con il dolore?
Ed è grande, incommensurabile, mammina.
Il mio che ne sono il “frutto”, tu?
Tu che sei stata la vittima e sei parti?
Sei figli a ricordare e la vicinanza quotidiana di un uomo, marito e padre generoso, è vero, ma anche di appetiti.
Era il 1997 e non dimentico, non posso!
Mi martellano la mente le parole e la mia mancata reazione, e mi duole.
Stavo insieme a un’amica e un signore che non conoscevo mi ferma interloquendo, “Sei il figlio di Leonardo Cologna?”.
Alla risposta affermativa, “Non ne ha lasciata “una” tuo padre”.
L’amica, non so cosa abbia notato in me, ma mi ha preso sotto braccio e portato via con forza.
Non so cosa avrei fatto a quell’uomo, l’ho ammazzato nel tempo però, migliaia e migliaia di volte.
Neanche dopo la tua morte ero pronto al “discorso”, mammina.
Sai, ricordo i pomeriggi infuocati dal caldo e i tuoi, urla che martellano ancora.
I miei pianti silenziosi al tuo dolore.
Io so e forse l’ho sempre saputo perché tu volevi parlarmi.
Una storia non raccontata non esiste, Mammina bella e tu chiedevi il riscatto.
Piango ancora scrivendo: un vecchio che piange il dolore della propria mamma al parto.
I figli del dolore saranno sempre figli di quel dolore, mamma.
Non c’è speranza di guarigione.
Come mai quella violenza scomparve dalla tua carne e dall’anima.
Sei stata mamma modello e moglie esemplare, ma il tuo dolore vive ancora.
Sulla mia carne insieme al bene.
Un amore sconfinato per quel Padre che non ha saputo esprimerti l’Amore che sono certo ti portava.
Era un padrone nato e prendeva.
Ha voluto e preso senza chiedere, ha seminato dolore e forse senza accorgersene.
Vittima anche lui di sé.
Certo non sarei stato capace in quel “discorso” per mia colpa mai celebrato, di esprimere cose che rincorro e a tappe sembra raggiunga.
Però, passo dopo passo rendo a te quella giustizia degli uomini che si palesa nella conoscenza, a me il peso del giudizio che non ha posto nel Dolore dell’Amore.
Auguri a te, Mamma del Dolore che nel nome di Maria hai onorato il Ventre Tuo.
Mi piace immaginarti con Papà lì e felice, con Carolina nell’Amore Eterno che non teme Tempo.
 
Michele Cologna
San Severo sabato 9 marzo 2019
19:30:10

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giovedì 11 marzo 2021

Già a l’orizzonte splende e io

 

Già a l’orizzonte splende
e io
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E io sento te e le tue,
quelle de il mattino,
giorno a seguire, che
ti rendeva de il figlio
padre.
La femmina seguiva,
ma il maschio cercavi
e la sorte fu benigna.
La madre ne il nome,
il padre. Eri fiero e la
“continuità” abitava
il senso. Lì con te de i
tuoi la madre assente
e preoccupavi pe’ lei,
l’altra, la vecchia a cui
legavi il fato benigno e
la negata filiazione.
Stridevano sentimenti
contrari e tu sapevi che
lei sola t’avrebbe dato
de la paternità il nome.
Arrivò.
Ma l’attesa preoccupò
te?
La stessa, ma a lei lenta
di giorni in lacrime?
E io mi do risposta, sì!
Anteponevi l’altra a la
madre pe’ sdebitare da
la colpa il senso.
La Madre graziata, cosa?
Era stata fortunata.
Da serva a padrona e lei
no lo fu mai.
Trafitta a la croce che fu
mai altare.
Io al sole che irraggia il dì
che de i miei fu il primo.
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Michele Cologna
San Severo, giovedì 11 marzo 2021
07:55:16
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Copyright© 2021 Michele Cologna
diritti e riproduzione anche parziali
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martedì 9 marzo 2021

Per il mio genetliaco 2021

 

Per il mio genetliaco 2021
 
Mai un mio compleanno, un onomastico.
Non ho mai festeggiato niente.
Qual è il senso della festa?
Non lo so!
Non l’ho compreso e forse non lo saprò mai.
Siamo la nostra storia e le cose che pratichiamo.
Il divertimento e il riso, la gioia di una festa mi sono stati sempre estranei.
I miei compagni e amici si divertivano e io non capivo.
L’unico mio interesse in una festa era la “conquista”.
Certo, della ragazza della quale m’invaghivo.
E cambiava di volta in volta perché ho sempre amato ogni donna e l’incapacità di scelta.
Mi facevo scegliere.
Sempre quello strato di tristezza che era il velo d’ogni mia azione e gesto, pensiero.
Poco più che adolescente pensavo la causa della mia incapacità di ridere e sorridere, godere delle situazioni gioiose, fosse il fatto che ero astemio.
Rimediai solo due ubriacature e lo stare male per avere ingerito qualche goccio d’alcol.
Lo capii man mano …
Anche la mia storia era secondaria, “cercavo il Senso”.
Il senso profondo che muoveva le cose e le azioni, gesto e pensiero.
La vita.
Dovevo capire e furono i miei studi folli.
E la dicotomia a governare ancora.
Vivo la realtà alla quale difficilmente aderisco se non cercando e riscontrando il senso.
Così ho trovato tante “ragioni”.
Dio, la Vita, la Realtà, la Conoscenza, il Sapere e l’Insufficienza.
L’Inarrivabile, l’Irraggiungibile, la Finitezza, la Speranza.
L’Uomo.
Tutto sta in questi abissi che l’Uomo contiene che pur partendo da estremi opposti si congiungono in Uno.
All’infinito.
Quello che sale e quello che scende s’incontrano e ne sono Uno solo.
Non so quanti, amiche, amici e lettori arriveranno in fondo allo scritto.
Potevo omettere tutto ciò?
Ecco!
 
***
Il ragionamento ad alta voce.
Non ho mai festeggiato il mio compleanno per omissione.
Di senso direi, se non fosse episteme e la mia solo opinione.
In alcune occasioni d’esso, ho celebrato mia Madre e non nell’avvento, accadimento dai mille volti, ma nel suo dolore.
Alle “somme” la vita è sempre dolore, per alcuni indicibile.
Per i vuoti di testa a volte anche, e l’anche nella circostanza, si tramuta in tragedia.
Si stabiliscono delle convenzioni e quasi sempre per alleggerirne il peso.
È pesante e qualcuno mi dica di no!
Una volta le ricorrenze, oggi le giornate.
Spezzano?
Non lo so, a me danno irritazione.
Ma non ne faccio un vanto, al bilancio e mi vedo alieno.
Il genetliaco, pur comprendendo tutte le motivazioni profonde, e celebrandolo con piacere a chiunque mi stia vicino, a me è del tutto indifferente.
Sto sempre sulla bilancia e mi peso non aspettando l’occasione.
La mia vita si declina al presente sempre.
E il passato remoto e prossimo, come il futuro anteriore e posteriore, sono immanenti al presente che non è un tempo dell’indicativo, ma dell’esistenza.
Mi mettono in crisi ricorrenze e giornate, fanno di me uno spaesato.
Un senza luogo, apolide di quel senso.
E l’intelligenza dell’adeguarsi non mi conforta estraniandomi.
La Pazzia è voler fermare il mondo e non mi spendo.
Nell’intimo del pensiero e dei comportamenti non nocivi, però, vivo la negazione.
Immanenza dell’immutabile.
Come alfiere disarcionato.
 
Michele Cologna
San Severo,martedì 9 marzo 2021
20:34:08 
 
Ps
Questo scritto per dare la possibilità a tutte le amicizie, avendo io il diario chiuso ai post, di apporre il proprio pensiero.
Non mi piace l’azione e la depreco.
Però meglio che non avere la possibilità di accedere ai messaggi privati per congestione di arrivi, come negli anni trascorsi.
Grazie a tutti: amiche, amici e lettori.
 
 
 
 

10 marzo 1948 …

10 marzo 1948 …
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Ero sveglio.
Faticavo ad addormentarmi e vagavo …
Di suo s’è affacciato il pensiero, “il dieci ricorre il giorno della tua venuta al mondo”.
E ne l’immediatezza stavo entità lì ne lo spazio davanti la grotta, quella nella quale la madre mia ha dato il frutto ad honorem Dei.
Come l’Addolorata il Figlio al Padre.
Non ente perché non ero, ma diffuso immateriale “vortice” lì.
Impressionato e confuso.
Un poco intimorito, distoglievo lo sguardo …
E scansando la “cosa”, per non disperdere quel po’ di sonno in costruendo, ho accarezzato, cercandolo, il piacere del ritorno.
Riposare lì l’effimero mio ne l’eterno, come una restituzione di pace perduta.
Così camminando noi, io gravido de la mamma mia il luogo e il tempo, ci ha raggiunti Morfeo.
Ero con lei.
Sono con la mamma mia in prossimità dell’evento.
Il parto che si ripete.
Non il nascituro, ma la Madre.
La solitudine.
Il dolore de la speranza indotta.
L’infinito della pena.
La gravidanza disperata.
Estranea.
L’Amore a lei negato.
Questo da quando l’età della ragione.
Prima solo un’appercezione.
Altro non mi dice il giorno della mia nascita e gli auguri e i festeggiamenti mi sembrano un insulto alla verità della vita.
La mia e la sua.
Siamo quello che mangiamo …
Direi abbiamo consumato.
E io attaccato al lembo della veste scura, cammino ancora quei passettini veloci e impauriti.
Piangenti.
E ogni anno un po’ di restituzione. Una rata.
Un mutuo che lei ha contratto ne l’obbligo e che esaurisce il tempo con la morte.
La mia.
Non abbiamo mai celebrato un compleanno, ma ne ho avvertito l’avvento.
Sempre.
E vorrei risarcirti Madre mia.
Riparare il male restituendoti il tolto come atto d’amore supremo.
Venirti incontro a la colonna … come una Funzione del Venerdì Santo.
Chiederti perdono.
Offrirti la voce che non ascoltandoti hai taciuto.
Riscattare quel silenzio come il moroso il debito per firma a garanzia.
Ti direi all’ultima cambiale, ma tu le hai pagate tutte.
Io … ad libitum.
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Michele Cologna
San severo, giovedì 9 marzo 2017
07:41:09
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Copyright© 2017 Michele Cologna
diritti e riproduzione anche parziali
riservati
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sabato 6 marzo 2021

non è una scoperta

non è una scoperta
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Perde le dimensioni.
Si accorcia e comprime.
Gli spazi si fanno brevi.
Il caos confonde.
 
prima
 
Spazi infiniti e …
Non ha limiti, dilata.
Il vero è gioco, trasmuta.
E luce spaura ne il buio.
 
estremi toccansi e
l’uno e l’altro muovono
alterate coscienze
precipitando l’origine
 
e
 
il vecchio e il bambino
dimostrano la finzione
un inganno che regge
la più vera de le bugie
non c’è tempo
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Michele Cologna
San Severo, domenica 7 marzo 2021
07:09:41
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venerdì 5 marzo 2021

Dimissioni di Nicola Zingaretti e il costituzionalista Zagrebelsky

Dimissioni di Nicola Zingaretti e il costituzionalista Zagrebelsky
 
Da un grande costituzionalista e intellettuale, si è lamentata la democrazia dall’Alto.
Chiaro il riferimento al governo Draghi e la crisi dei partiti che non hanno più alcuna capacità di assorbire le necessità che partono dal Basso.
E la democrazia se non prende ragione, forza dal Basso è Aristocrazia e Meritocrazia.
Giusta considerazione e lucida visione.
Qualche quotidiano e alcuni giornalisti che fanno politica, hanno colto l’intelligente osservazione e l’hanno declinata alla miseria della quale sono portatori insieme all’indecenza intellettuale.
Non faccio i nomi, ma tutti capite.
Si è dimesso Zingaretti.
Cosa c’entra?
Presto detto!
Zingaretti era portatore di una visione del partito come lo strumento del popolo degli elettori a raccogliere quello che partiva dal Basso.
Il solo nel Partito Democratico, gli altri tutti “gestori di potere”.
Nell’Area della sinistra e democratica l’unico insieme a Bersani.
Gli altri sono soggetti tutti che si sono fatti interpreti della volontà popolare con il loro metro e hanno creato partiti e movimenti personali.
Anche il bravo Calenda e non ha resistito al proprio partito.
Con le sue dimissioni muore la speranza di riportare quel partito nella funzione costituzionale e, cosa che sfugge a tutti, illuminista.
I partiti sono strumenti del popolo che attraverso essi si fanno parte e ne dimostrano esigenze e volere.
Ora sarà il volere delle correnti nel Partito Democratico.
Di Grillo nel Movimento che non si chiamerà più 5Stelle, che opera senza freni inibitori e stabilisce linea e uomini.
E l’ex presidente del Consiglio Conte la vita, la storia e le necessità di quello che un tempo era, sebbene strumentalizzato e aizzato all’odio, un movimento dal Basso.
Mi fermo all’area progressista e di sinistra e non sfioro l’altra che sta nelle medesime, se non peggiori, condizioni.
Non c’è più espressione che provenga dal Basso e il trasformismo l’ha fagocitato nell’Alto.
Professore Gustavo Zagrebelsky, tra l’Alto squallido di costoro e l’Alto di Draghi, non posso che vedere quest’ultimo come manna caduta dal cielo.
Aggiungo solo che essendo io un illuminista residuale, non voterò mai Draghi, mai Calenda, mai Conte, mai Renzi, mai chi si fa nella persona partito.
C’era la speranza del Partito Democratico l’ultimo dinosauro ora ferito a morte dalle dimissioni del segretario.
Continuerò a non recarmi alle urne a votare e a sperare in uomini come Draghi.
Ne vedo tutto il pericolo, Professore Zagrebelsky, ma forse il pericolo è il futuro di chi perde il proprio senno.
 

martedì 2 marzo 2021

Sono io disponibile a me stesso?

Sono io disponibile a me stesso?
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Delle domande.
E tormentano.
Una in particolare, ed è quasi paura rispondere.
O forse non voglio semplicemente.
Sarebbe come vivere la sconfitta.
Le battaglie si combattono e si vincono e si perdono.
Anche le guerre, ma quella al singolare?
La guerra?
Forse sbaglio l’impostazione.
E la domanda ha in sé la risposta e l’inganno.
Brutalmente: è nelle mie disponibilità la mia vita?
Sono “cosa” che mi appartiene?
E non scomodo il Diritto Positivo, no!
Il Diritto Inalienabile, Indisponibile dell’Uomo davanti all’Uomo.
È una montagna non scalabile questa domanda.
Forse.
Se il mio Diritto è Indisponibile all’Uomo e io sono Uomo, può essere mai a me disponibile?
Perché la deroga qualora me ne appropriassi?
E se me ne approprio non muta la sua natura di Inalienabile e Indisponibile?
Da Oggettivo quale la “sacralità” del Divieto Assoluto lo rende, non diventa Soggettivo e quindi disponibile e alienabile?
La deroga non diventa licenza?
E poiché la licenza presuppone un’Autorità, non trasformo me stesso da Uomo in Autorità?
L’Autorità fagocita l’Uomo.
Muto la mia natura, e quello che non è concesso, consentito all’Uomo, diventa lecito all’Autorità.
Non è possibile!
Amara è la sintesi e mi nega nel vissuto.
Nel pensiero che ha accompagnato il mio vivere.
La mia superbia di Io Assoluto davanti alla mia vita cede.
Se debbo conservare la natura di Uomo debbo cedere all’Uomo, e quindi piegare la testa all’Indisponibilità e Inalienabilità della mia all’Uomo.
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©Michele Cologna
San Severo, giovedì 2 marzo 2017
11:17:56
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N.d.A.
Questo scritto è senza alcuna pretesa.
È solo la mia riflessione da Uomo maturo che mi fa approdare a un pensiero non condiviso da giovane.
Ho sempre creduto che io fossi l’unico a poter disporre di me stesso e ne avessi licenza come Uomo.
Invece se l’analisi - sebbene in estrema sintesi - è vera, giusta nella formulazione, io da Uomo non dispongo di me stesso.
Ma ne dispongo solo come Autorità.
Trasferisco l’Uomo nell’Autorità aprendo a questa quella porta che non le dovrebbe mai essere aperta.
Il Diritto Positivo qualora dovesse appropriarsi di questa materia e non gli compete, tradirebbe l’Uomo nella Sua prerogativa di Uomo.
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