venerdì 24 aprile 2009

Solo all’uomo spetta legittimare la poesia

Perché è poesia “M’illumino di immenso.”, e non è poesia “Prima di dover subire la vita, bisognerebbe farsi narcotizzare.”?
Perché?
Uguale è la loro bellezza!
Intenso pensiero nello sbalordimento dello smarrimento; intenso pensiero nella constatazione della pochezza, finitezza, caducità dell’uomo di fronte alla vita.
Allo spavento del dolore.
La domanda in verità è retorica, perché tutti sappiamo che la prima affermazione sale verso l’alto, la seconda scende negli inferi. Negli abissi.
Durante il tempo consegnato al Nulla di ogni giorno, per alcuni istanti mi nutro dello smarrimento e mi sollevo, poi precipito e mi affanno, cercando il respiro, la vita nelle braccia dell’incomprensibile, sordido, e mai sazio mostro. Il dolore.
***
Ogni uomo dai tempi dei tempi, o dalla cacciata dall’Eden è mosso dalla ricerca della Felicità.
Il fiume che porta al Mare della Felicità, mai navigato da alcun uomo, è ricco di tanti, tanti, infiniti affluenti.
Ogni età, ogni tempo ha visto l’uomo camminare - a volte bagnandosi a volte no – lungo gli argini dei vari affluenti, con il proposito di raggiungere le acque del fiume e navigandole, portarsi al mare.
Sempre il mare si raggiunge con l’annegamento dopo il naufragio.
Non ho conoscenza che qualche uomo vi sia giunto vivo.
Pure il Figlio di Dio, facendosi uomo, ha raggiunto sì quel mare ma cadavere come ogni umano.
***
L’uomo, accortosi della vana speranza come singola unità di raggiungere non il mare della Felicità ma il solo fiume che ivi si riversa, ha pensato che insieme ai propri simili, unendo le forze, avrebbe avuto maggiori chances di raggiungerlo. Guadarlo.
Da questa semplice constatazione ha iniziato un percorso sociale organizzativo, chiamandolo con nomi diversi a mano a mano che meglio perfezionava il progetto, per raggiungere con una forza moltiplicata ciò a cui non avrebbe mai potuto sperare come individuo.
Questa sua idea costò sofferenze, sangue, morti, guerre, tragedie, lutti, lutti e ancora lutti e infine gli sembrò di aver messo su un progetto perfettibile, ma capace di condurre a quel fiume.
Ogni progetto porta un nome, e a questi venne dato l’appellativo di Stato di Diritto.
Lo Stato di Diritto a sua volta contempla una Costituzione dove sono scritte le regole fondamentali e fondativi di esso in più la forma di Governo, le Rappresentanze e tutto ciò che accompagna ogni uomo dalla nascita alla morte.
La maggior parte delle Costituzioni si richiamano ad un concetto, anch’esso dibattuto nei secoli, che si definisce come Democrazia.
La Democrazia contiene molte cose, ma ciò che la informa e le dà valore è la certezza che qualsiasi Governo è a scadenza, ed esso dev’essere rinnovato con il suffragio degli elettori di quello Stato.
La Democrazia consiste, quindi, nella provvisorietà di un regime e nella sua intercambiabilità. L’uomo, divenuto soggetto di diritto, si è spogliato di tutte le prerogative proprie e le ha consegnate, affidate allo Stato.
Lo Stato in osservanza delle proprie leggi priva l’individuo di quei diritti ad esso demandati e glieli restituisce garantendoglieli tutti.
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L’uomo ora, l’uomo contemporaneo, dovrebbe avere il cammino spianato verso il fiume che conduce al mare della Felicità.
È stato, è così?
In nessun modo!
Forse mai come ora l’uomo vive la propria Infelicità.
Mai come in questo periodo è stato tanto lontano da quel mare agognato.
È stato sì liberato da qualche bisogno, ma il prezzo pagato e che paga è altissimo.
I diritti delegati allo Stato gli sono stati da questi conculcati e/o soppressi.
Anche quelli inviolabili che egli non ha affidato allo Stato perché sono, appartengono alla sfera della indisponibilità, gli vengono sottratti.
Lo Stato è entrato nella sua intimità e gli sta sottraendo la personalità, la cultura e l’anima.
Gli ha sottratto, gli nega la prospettiva di futuro.
L’ha fermato, bloccato in un presente assente perenne.
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Se così è, l’uomo consapevole credo debba pensarsi, percepirsi come assoluta Aseità.
La ricerca della Felicità non può che essere, dev’essere un cammino solitario.
Chi è più capace, più attrezzato ad avvicinarsi a quel fiume… vada.
Chi per stupidità, incapacità, fatalità non l’avvia nemmeno quel cammino, o lo percorre solo parzialmente… che resti lì, dove la sua forza l’ha condotto e poi abbandonato.
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Lo Stato, avend’esso parzialmente o totalmente fallito le ragioni del suo essere, deve restituire le prerogative nelle quali ha fallito, all’uomo - che non più in esso si riconosce - la sovranità sui diritti alienati.
Lo Stato non può e non deve esigere pedaggio per prestazione che non offre o dispensa malamente.
Esso deve rimettere a coloro che ne richiedono la restituzione, la delega che l’uomo-cittadino gli ha affidato a rappresentarlo.
Quei Signori che esso ha reso eleggibili - con leggi truccate o apportando gravi lesioni alle norme che regolano l’eleggibilità - al Governo della cosa pubblica, non rappresentando più la totalità degli uomini-cittadino, essendo questi impossibilitati ad operare in legittimità e conformità alla Carta Costituzionale, perdono l’Autorità a rappresentare l’insieme. Al massimo conservano la rappresentanza della parte che in essi si riconosce.
Il Governo, il Parlamento, i Politici, gli Amministratori di questo Stato – per la mancata possibilità dell’elettore di discernimento, causa un’informazione guidata e unica, e di scegliere a motivo di una legge liberticida, che va sotto il nome di “legge porcata” - si sono costituiti in Casta e nella specifica qualità, avendo come unico obiettivo il loro perpetuarsi e il pensare solo ai propri interessi e a quelli dei famigli, non solo stanno depauperando e deprimendo lo Stato, il Diritto, ma sono abusivi e non legittimati nell’esercizio del potere.
Essi non rappresentano più gli interessi generali ma interessi particolari.
Non stanno al governo della cosa pubblica per promuovere e praticare il bene pubblico ma il loro. Ragione per la quale sono inidonei, delegittimati.
Debbono dimettersi, oppure, non essendoci Autorità in grado di esercitare la propria funzione per decretarne la illegittimità, debbono permettere ai cittadini che non si sentono da loro rappresentati di rientrare nella sovranità dei propri diritti. Delle proprie prerogative.
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L’Uomo vessato, tormentato già dalla Vita che disattende le promesse e non lo gratifica della Felicità fatta baluginare, promessa con la Nascita, non può aggiungere a tanta inconcepibile inadempienza, gli abusi, l’arroganza, la protervia di uno Stato che occupato da abusivi si trasforma in oppressore, che nato per dargli felicità, ora lo annichilisce nella carne e nell’anima.
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Poesia “M’illumino di immenso”, poesia “Prima di dover subire la vita, bisognerebbe farsi narcotizzare”, io l’uomo, solo io nella consapevolezza dell’uomo, nella mia Aseità posso saperlo.
Deciderlo.
Nessun altro può, deve farlo per l’uomo.
Michele Cologna
giovedì 23 aprile 2009 ore 20.30.36

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