venerdì 10 aprile 2009

Auguri

Ogni civiltà, ogni popolo festeggia la propria Pasqua.
La festa assume contorni differenti in base agli usi e costumi, ma non tradisce mai il suo Senso, la Liberazione.
La Resurrezione dell’uomo.
Le religioni che hanno il pregio o il difetto – dipende dai punti di vista – di interpretare i bisogni, le necessità, le credenze degli uomini hanno fatto loro questa esigenza dello Spirito (spirito/essenza) e l’hanno rappresentata, la divulgano nella maniera a loro più consona.
La liberazione, la resurrezione da che cosa?
Dalla morte naturalmente!
La morte individuale?, certamente no!
La morte condizione ineluttabile della vita.
Solo la morte genera nuova vita.
E poiché è difficile accettare la finitezza dell’uomo, arriva la pasqua rigeneratrice di vita.
La pasqua che nella resurrezione annulla la morte.
Un esempio lo stiamo vivendo sotto i nostri occhi e nel periodo in cui è avvenuto, sembra un segno del destino.
Tutti abbiamo letto, abbiamo ascoltato le voci delle persone terremotate d’Abruzzo.
Non c’è disperazione in loro, ce n’è molta più in noi che viviamo l’evento di riflesso.
Soffrono meno di noi?
No!, la catastrofe genererà la loro pasqua.
Solo la ricostruzione genererà la vita, e i morti sono accettabili perché la ricostruzione/resurrezione darà senso alla morte.
Quest’apertura per dire che nello scambio degli auguri di Buona Pasqua, noi essenzialmente ci auguriamo la nostra liberazione/resurrezione.
La rinascita a nuova vita.
Poiché non sono un religioso di Fede ma di Senso, ieri ho inteso fare gli auguri agli amici miei di facebook pubblicando lo scritto “Il volo di Utopia”.
Uno scritto di liberazione/resurrezione nella speranza per il tramite dell’utopia.
L’utopia è sempre individuale, ma può diventare collettiva se quel pensiero inizia un percorso condiviso. Collettivo.
Se sogno di scrivere più e meglio di Dante, di Leopardi, di Borges…
Se sogno di diventare ricchissimo, ricco più di Bill Gates, più di Berlusconi…
Spero nella realizzazione di un mio desiderio che arreca piacere, beneficio solo a me.
E poiché interessa solo me resta un’utopia individuale che non solo è difficilmente realizzabile, ma neanche proiettabile all’attenzione di altri.
Della collettività.
Se sogno che tutti gli italiani siano gentili, educati, virtuosi, laboriosi…, spero in un qualcosa che arreca beneficio a me, perché vivere tra persone sì fatte è piacevole e dà benessere, ma spero anche in un’idea trasmissibile.
Un’idea molto difficile da realizzare, quindi un’utopia.
Ma un’utopia dalla doppia possibilità che si realizzi e che possa diventare collettiva.
Sono innumerevoli i sogni che gli uomini hanno realizzato.
Stanno sotto gli occhi di tutti noi.
Abbiamo perso solo la capacità di riconoscerli, perché siamo un popolo che non conserva memoria storica.
Tante utopie individuali, diventate collettive sono entrate a far parte della vita reale di tutti noi.
È chiaro che i sogni non si sono trasformati in realtà da soli e per concessione di qualcuno.
L’utopia individuale è diventata di popolo e si è realizzata con la volontà, la lotta, la conquista.
Il sogno di Martin Luter King, sulle gambe degli uomini che per quell’ideale si sono battuti e sono morti è diventato oggi realtà e tutto il mondo ne assapora il frutto.
Lo scritto mio “Il volo di Utopia”, voleva augurare per Pasqua a tutti gli amici il ritorno al sogno della speranza che in Italia ci hanno sottratto, con un racconto che forse ho concepito male, oppure non è stato letto con la necessaria attenzione.
Un signore apprende dalla nonna che uno zio suo è morto circa 70/75 anni fa perché il medico si è rifiutato di visitarlo non avendo lei i pochi soldi necessari a pagare “la visita”.
Lo stesso signore ricorda che circa 35 anni fa la propria figlia si ammala ed egli pur avendo un lavoro precario, con molti sacrifici mette su la somma compra le medicine e la figlia guarisce.
Sempre lo stesso signore conferma che non più di 15 anni fa la mamma è colpita da una leucemia, il morbo di Hogking, e che è curata molto bene nella sua città. Stando, però, il male per stroncare la propria madre, egli si reca da un luminare italiano che opera negli Stati Uniti, per un consulto. Questi gli riferisce che la mamma è curata molto bene, che morirà perché quel male è arrivato al capolinea, e che la cura della mamma, la stessa che sta facendo in quel momento Jacqueline Kennedy, costa otto milioni di lire al giorno.
Nell’arco di nemmeno un secolo l’uomo da nessuna assistenza, con tappe intermedie è giunto all’assistenza totale. Per un malato terminale di ancora pochi giorni di vita si spende una cifra impossibile per quasi tutte le tasche.
Una parabola incredibile, impensabile per una persona fino a pochi anni fa.
Una utopia che diventa realtà, anzi dogma: l’uomo va assistito gratuitamente dalla nascita alla morte.
Anche questa utopia iniziata alla vita come speranza individuale.
È diventata poi collettiva.
Ha camminato e sta ancora camminando sulle gambe degli uomini tra alti e bassi, lotte e conquiste.

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