mercoledì 28 gennaio 2009

La Chiesa postconciliare, oggi

“Gesù, Giuseppe e Maria” e ci si segnava.
Ogni qualvolta si nominasse il diavolo – Satana, per intenderci -, o si facesse a lui riferimento anche indirettamente, il rituale appena descritto era d’obbligo.
Nella circostanza il segnarsi non richiedeva la formula classica allora in latino “In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti. Amen.”, ma “Gesù, Giuseppe e Maria”.
Il diavolo faceva veramente paura, allora!
Tempi in cui tutto ciò che era male non poteva che essere frutto, disegno del Maligno.
Se l’uomo è buono perché creato a immagine e somiglianza di Dio, se sacramentato e quindi in grazia con la Chiesa, l’unica Vera, Santa, Cattolica e Apostolica rappresentante di Dio sulla Terra, il male non può che derivare da lui.
Lui!, egli la bestia immonda.
Non aveva forse egli tentato attraverso il dubbio di corrompere lo stesso Gesù?
Lo stesso rituale, però, si ripeteva quando passava il prete, il vescovo (attenzione!, non i monaci) oppure li si incontrava.
Il segnarsi era il saluto, il rispetto, la devozione dovute a un ministro terreno di Dio, ma il “Gesù, Giuseppe e Maria”?
Perché la stessa formula scaccia demonio?
Allontana pericoli?
Il motivo molto semplice, pronunciato a denti stretti e rarissime volte, era: “Quelli hanno l’anima nera come la veste. Salvando la chierica e la punta delle dita”.
Il prete ha l’anima nera.
Nera, come nero è il diavolo.
Avendo egli, però, ricevuto il sacerdozio con la consacrazione a Dio – atto che si manifestava nella tonsura, la chierica e la benedizione delle punte delle dita che afferravano l’ostia, il corpo di Cristo -, per non bestemmiare, si salvavano questi due accessori sacri.
Il sacerdote, quindi, come incarnazione del divino e del diavolo.
Qual era il motivo di un giudizio tanto negativo?
Perché veniva temuto come il diavolo, il peggio di tutto ciò che poteva produrre paura, terrore?
Come si spiega la stessa figura, il sacerdote rappresentante di Dio in Terra e contemporaneamente incarnazione del diavolo, del nemico, del male assoluto?
La stessa effigie difende dal male e lo contiene in sé!
Vengono in mente raffigurazioni del passato più remoto, simboli arcaici dove lo stesso feticcio - come un Giano bifronte - conteneva, conciliava ossimori: guerra e pace, prosperità e carestia, fertilità e sterilità et cetera.
Queste possiamo spiegarcele constatando che la mentalità arcaica non riusciva ad operare quella necessaria distinzione ontologica, logica e del linguaggio.
Ma qui stiamo parlando del passato prossimo, non della mentalità arcaica.
Del resto il detto popolare “Fa come prete dice e non come prete fa” non è forse una ulteriore affermazione della doppia personalità del sacerdote?
Sii tu pio, buono, generoso, caritatevole come nelle spiegazioni del Vangelo e dei Testi Sacri che l’ordine sacerdotale predica, non seguirlo nell’esempio della sua condotta.
Perché!?
Perché la Chiesa ha esercitato sempre il potere temporale. In alcuni periodi storici direttamente, in altri legandosi indissolubilmente a chi lo deteneva.
Tanto da connaturarsi, vivere in osmosi: una simbiosi mutualistica coi governanti che tante volte ne sono divenuti pedine.
Così ha disposto a piacimento non solo delle coscienze di regnanti e sudditi, governanti e governati, di potenti e miserabili, ma ha dettato - in ogni settore dello scibile umano - legge.
Tutti conosciamo la storia e non debbo io qui percorrerne le tappe.
Mi preme evidenziare, invece, perché ora e solo ora, dopo il Concilio Vaticano Secondo e dopo la scelta dei papi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, che hanno segnato la cesura netta col passato, caratterizzando la Chiesa post conciliare, essa torni a quella intransigenza a quella protervia, a quel mancato rispetto della persona umana, quella insensibilità che mai più ci saremmo aspettati.
Dalla povera Eluana Englaro - morta diciassette anni fa e a cui viene negata con gli espedienti più miseri la compassionevole cerimonia della sepoltura – alla revoca della scomunica contro i vescovi lefebvriani della Fraternità di San Pio X.
Dalla irragionevole determinazione a fare santo un papa che - pur considerando tutte le possibili debolezze umane - non il paradiso dovrebbe abitare ma risiedere tra gli ignavi dell’inferno dantesco, alla condivisione della pena di morte per gli omosessuali.
Dalle intimidazioni quotidiane e passatiste ai fedeli su ogni aspetto della vita che la scienza ha reso meno insopportabile, all’aperto invito alla trasgressione, disobbedienza delle leggi sovrane dello Stato.
Si potrebbe andare avanti in quanto non c’è aspetto della vita civile, sociale, culturale su cui la Chiesa non abbia preso posizioni oscurantiste, reazionarie.
Incredibili!
Signori della Chiesa, papa Ratzinger, segnandoci non possiamo trattenerci dal sussurrare, solo mormorare per il momento: “Gesù, Giuseppe e Maria”.

1 commento:

  1. scrivi in un modo molto accattivante.
    Non potevi spiegare meglio e con parole più semplici e dirette le brutture a cui assistiamo attoniti di questa Chiesa che si sente in diritto di dire la sua su ogni cosa, ma tace su scempi quali quelli dei preti pedofili...
    Gerardo Troiano

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