venerdì 6 febbraio 2009

Governanti e politici acefali

Cos’è che li rende insopportabili?
Irresistibilmente odiosi!
Chiaro!, sto parlando di costoro che ci governano.
Non riesci a trovare un motivo forte che giustifichi tanto epidermide fastidio, tanta viscerale antipatia.
Come pure non trovi comprensione alcuna per coloro che si pongono in atteggiamento dialogico con essi.
Un imperativo categorico che ti inibisce una qualsiasi condivisione, ti proibisce ogni tentativo di approccio di pensiero.
È da tanto che mi pongo queste domande, mi chiedo il perché e non trovo risposte.
Non vi è un solo ragionevole supporto a questo sentire che – tra l’altro - non mi appartiene.
Quanti governanti, politici, intellettuali, giornalisti non ho condiviso!
Sono grandicello, e ne ho viste, ne ho sopportato, ne ho sofferto!
Eppure sono riuscito sempre a trovare una ragione, molte volte comprensione, se non proprio condivisione per le altrui posizioni, argomentazioni, opzioni.
Ho saputo sempre ascoltare, modificare, integrare i miei ragionamenti, le mie convinzioni, le scelte.
Caro presidente Fini, il tuo dubbio salutare che ora inizia ad abitarti, in me ha avuto stabile residenza fin da giovanissima età.
È la vecchiaia, gli anni che mi portano a questa intransigenza?
A questo fastidio, questo senso – chiedo perdono per il termine – di ripugnanza nei vostri confronti?
Dico queste cose con grande sofferenza, egregi signori!
Non fa per niente piacere arrivare a sessant’anni e scoprire di non condividersi.
Trovarsi a pensare cose che mai per cultura, formazione, educazione e senso d’appartenenza a una civiltà avrebbe creduto possibile poter pensare.
Questo tormento stamattina - durante la mia ora di cammino, prima di mettermi a lavorare – penso si sia disvelato.
Credo d’aver compreso la ragione di questo coacervo di sentimenti già descritti.
Riuscirò a spiegarla a me e a coloro che mi leggeranno?
Lo spero!
Questi signori che ci governano - e senz’altro possiamo includerci parte consistente di coloro che fanno politica oggi - si propongono non perché hanno un pensiero, un progetto politico, un’idea di società, un sentire pubblico, una finalità culturale, sociale, civile.
No!, niente di tutto ciò li coinvolge, li sfiora.
Sembra non abbiano pensiero immediato, né prospettico.
Acefali.
Gli accadimenti, gli eventi li interpretano, li seguono, li curano non con l’intelletto. No!, col corpo.
Una politica fisica!
Una politica della fisicità onnicomprensiva.
La loro corporeità è la politica, il programma, la soluzione.
Il loro “io corpo” è progetto, esempio, soluzione.
Non hanno un io pensante, assolutamente no!
Un io padrone non incline al pensiero che divora loro per primi, poi tenta di cannibalizzare gli altri da sé e, infine, con inaudita ferocia il diverso.
Il diverso è tutto ciò che non li somiglia per aspetto, colore, identità, civiltà, cultura.
Loro, l’io corpo è la misura delle esigenze, delle necessità, delle priorità della “gente” (non esistono cittadini), della politica di cui il paese necessità.
Esigenze al di fuori dell’io espanso a volere della gente: l’Io Vero, l’Io Unico, l’Io Eletto non ne esistono.
Sono tutte false esigenze: frustrazioni di poveretti da sollevare dall’indigenza politica; invidia di straccioni da redimere; rivalse di comunisti assassini da rieducare; pretesti di sconfitti dalla storia, di non emancipati, di non idonei a comprenderli.
Loro, l’io espanso dell’uomo nuovo, sono le esigenze e la soluzione.
Infallibili, non sbagliano mai: sono la verità.
Se avvertono un problema di giustizia: quella è un’esigenza vera, da affrontare e che se gli altri non sentono è perché sono complottatori, giustizialisti, nemici.
Se Regole, Leggi, Diritti, Costituzione non sono in sintonia con le loro esigenze si cambiano.
Il loro sentire è costituzione, diritto, legge, regola: sono stati unti dal suffragio del dio-gente che li ha consacrati ministri.
Come tutti i ministri di ogni culto sono gli unici rappresentanti e interpreti della verità.
Sono la Verità.
Non so il motivo ma nello scrivere questa nota mi è tornato ossessivamente in mente il titolo di un libro letto più di dieci anni fa “Un uomo che forse si chiamava Schulz” di Ugo Riccarelli.
Non lo ricordo bene e non sono in grado di spiegarmi il perché.
Andrò a rileggermelo: che mi apra qualche spiraglio!

1 commento:

  1. La memoria remota suggeriva la risposta alla mia domanda.
    Eccola, riporto il finale del libro di Ugo Riccarelli.

    “Tu sei il giudeo di Landau!”
    Sì, sono io, sono un giudeo che ha perduto anche il nome. Un uomo che forse si chiamava Schulz. Eccomi, sono quello che Landau scambiò in un gesto con la vita di David Wlotarski che era cosa di Gunther, proprietà sua come il cane e il fucile.
    “Lui ha ucciso il mio ebreo e io uccido il suo.”
    Ecco la giustizia davanti alla quale mi inginocchio, tornando infine a quattro zampe, sul mio pavimento di allora. La mia testa è pesante e gli occhi guardano gli stivali lustri. Vi scorgo graffi, linee, fregi, e poggiano su questa strada dove ci sono tutte le cose del mondo. Tutto è qui attorno, qui è l’infinita possibilità che ci è data per capire ciò che è sotto i nostri occhi.
    Che sforzo portare una testa così grossa, sostenere il suo peso che mi costringe a tenere lo sguardo per terra.
    Ora mi drizzo, sollevo leggermente il capo fino a sentire la canna della pistola che Gunther mi poggia alla tempia.
    Ecco, questa è la mia vita.

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