domenica 30 agosto 2009

Catene

Catene

Catene di fili dolci e parole udite
Alleanza aggraziata di suoni inascoltati
Sguardi limpidi di distese sconosciute
Baci inconsunti d’assenze meditate

Versi passione di verbo ammaliante
Abbracci promesse di fiato spezzato
Profumi carichi d’incensi speziati
Talamo di petali e ali tende danzanti

Estetica immagine d’eros aggraziata
Pensiero avviluppato d’atavico pasto
Offerta nuziale all’ara greve immolata
Lupa fedifraga cuore puro immacolato

Michele (30/08/2009 9.20.52)

mercoledì 26 agosto 2009

A Pamela…

A Pamela…

E m’intenerisci, amore!
Ti vedo di fattura donna
ora, e ricordo bambina,
le aggraziate movenze
dei tuoi occhi sparuti…
divine incertezze terrene.

E rese lacrime, incustodite
dalla memoria, sovvengono.
Strazi antichi d’incognito
futuro, baciano il presente,
fiore eccelso, d’inebrianti
profumi di giorni gioiosi.

Michele (26/08/2009 8.05.11)

lunedì 24 agosto 2009

Or che più non sei di beltà regina

Or che più non sei di beltà regina
E tempo curvo e stanco anni regna
Carne poggiata e cuor di sfiancate
Strade impervio cammin frustrato

Or che affanno e peso seco trascina
Pensieri freschi e vite immacolate
E anima ceder non vuole il prestato
Esilio alla notte del buio non franto

Or che spazi parabola corta vedon
E sguardo affina trascurate pieghe
Ore effimere travolgon semi sparsi
E nulla feconda terra lacrime arata

Ora roccia di sale il passo aspetta
E passione d’arse cristalline acque
Del canto il cigno ascoltan gelide
Voce afona l’eterna musica versa

Michele (24/08/2009 13.37.16)

domenica 23 agosto 2009

Per il genetliaco della piccola Monica

Per il genetliaco della piccola Monica

Monica, piccolo tesoro di nonno, sai oggi che giorno è?
Oggi è una ricorrenza importante per te, la tua mamma, il tuo papà e i tuoi nonni.
Tutti i nonni.
Nonno Michele, non stando lì vicino a te, ti scrive questa letterina che tu ora ti metterai davanti al computer di mamma e leggerai.
Per un momento fermati: non danzare in punta di piedi, esci dal tuo castello fatato, spogliati degli abiti della principessa, e leggi attentamente quello che nonno ti scrive.
Oggi, nonno ti regalerà per il tuo compleanno una Favola.
Favola che tu conserverai e nel tempo ogni tanto leggerai.
Sai, piccola, quella che nonno ora ti racconterà non è una favola del Mondo di Fantasia, ma una favola del Mondo della Realtà.
C’era una volta – iniziano così, nonno, tutte le più belle favole – una famiglia composta da padre, madre e cinque figli, sette anni dopo ne nascerà un altro che si chiamerà Giovanni, ma questa è altra storia.
Il padre si chiamava Leonardo (come lo zio), la mamma Maria (come il primo nome della tua mammina), i figli: Carolina, Michele, Anna, Raffaele, Matteo.
Il papà, a differenza del tuo, era un po’ avanti negli anni, mentre la mamma era giovane e bella come la tua mammina.
(E se tu chiedi alla tua mamma di farti vedere una foto, vedrai che somiglia alla tua in maniera impressionante.)
Il figlio Michele, che tutti chiamavano Michelino, aveva da qualche mese compiuto i sette anni, tanti quanti ne compi oggi tu.
Vedi che coincidenza!
Michelino era un ragazzone alto e forte come lo sei tu, e, come a te tutti danno più di dieci anni, anche a Michelino ne davano tanti.
Un giorno di maggio il papà ordinò a Michelino di recarsi il pomeriggio dallo stagnino a ritirare delle giare in stagno: “Quello già ti conosce. Tu digli sono il figlio di Leonardo Cologna. Se ancora non le fa aspetta. Stasera le giare debbono stare qui!”.
Tu, Monica, devi sapere che Michelino adorava il suo papà sopra ogni cosa. Quando il papà gli posava lo sguardo addosso, Michelino volava.
Era innamorato del papà come lo sei tu del tuo.
Se poi gli ordinava qualcosa era felice, ubbidiente, puntuale.
Eccessivo nel compiacerlo.
Era orgoglioso di lui, della sua bellezza e si aspettava sempre qualche parola di gratificazione che, però, non arrivava mai.
(Sai, tesoro di nonno, i propri papà sono sempre i più forti, più belli, più tutto… Proprio come pensi tu. Sì, a volte ci fanno piangere, ma poi… si fanno perdonare.)
La sera, quando il papà rientrò col suo Belvedere (una macchina di tanti anni fa) dalla campagna, Michelino, gioioso gli si fece incontro e ancora nel portone mostrò le tre giare: due grosse e una più piccola.
“Riempi questa più piccola di acqua e portala sopra!”, disse il papà a Michelino che subito, felice, eseguì.
“È pesante?”, chiese.
In verità un po’ lo era, ma Michelino disse al papà di no, che ce la faceva.
Allora il papà, rivolto alla mamma, disse: “Domani, il ragazzo viene in campagna a portare l’acqua agli ‘irroratori’!”.
(Devi sapere, Monica, che ora c’è la macchina irroratrice che sparge sostanze anticrittogamiche, prima questa operazione, non essendoci alcuna macchina, lo facevano gli uomini con la pompa a spalla.
Lavoro molto duro per loro, ma anche per i bambini che dovevano portare l’acqua con le sostanze antiparassitarie.
I bimbi con la giara sulla spalla seguivano il proprio “irroratore” e quando a questo terminava l’acqua, gliela riboccavano.
Poi correvano al pozzo dove stavano le vasche colme di acqua preparata, riempivano di nuovo le loro giare e ancora a rincorrere il proprio “irroratore”.
Era un bel gioco, subito però ti stancavi e la fatica, anche se tenevi duro, ti faceva lacrimare gli occhi.)
Il volto della mamma di Michelino s’irrigidì, e... “Ma la scuola?”.
“Sette giorni, li recupera, nessun problema!”, rispose il papà.
(Un’altra parentesi, Monica. Michelino era anticipatario a scuola e pur avendo appena finito i sette anni frequentava già la seconda elementare, quella che tu inizierai ora a settembre. Però, nonno ti confida un segreto, non dirlo a nessuno ti prego: non era bravo come te. Per niente!)
Michelino si dispiacque della mamma, ma l’idea d’andare in campagna e fare cosa gradita al papà, superò ogni dolore e gioì al pensiero del giorno dopo.
La notte per l’ansia dormì poco e quando il papà si alzò, Michelino era già pronto.
Il divertimento iniziale a mano a mano si trasformò in dolore, ma Michelino tenne duro e mai fece, neanche per un attimo, mancare l’acqua al proprio uomo.
Immaginava i complimenti del papà e ne godeva.
Quei complimenti non arrivarono mai, neanche quando la mamma chiese al padre se Michelino era bravo e s’era comportato bene.
“Sì, assai!”, fu la lapidaria risposta del padre.
Il volto di Michelino s’irrigidì come quello della mamma, ma non pianse. Era già un piccolo uomo.
Era un piccolo uomo, come oggi sei tu una piccola donna, Monica.
Sì, bella di nonno!
Oggi compi sette anni… e sai quanti anni sono sette!
A contarli fai subito, ma se ci pensi sono tanti.
Tanti, mia Principessa, quanti gli anni di ansia e di bene urlati in silenzio dal nonno per te.
Molti, quanti i tuoi giorni e la cura della tua mamma e del tuo papà per te.
Ora sei una signorinella sognante che danza, balla, parla ai delfini e suona il flauto.
Quante cose sai fare, nonno!
Il nonno tuo, invece, alla tua età non sapeva fare niente di tutto ciò.
Sapeva, però, non piangere e sognare.
Sognava quasi come te, bella di nonno!
Auguri tanti tanti dal tuo nonno.
Oggi è un giorno di sorriso per te e tutti quelli che ti vogliono bene.
Auguri per infiniti giorni felici a te e loro.
Il tuo nonno, Michele.

(23/08/2009 12.45.05)

sabato 15 agosto 2009

L’incontro… sogno mancato

L’incontro… sogno mancato


Corpi sinuosi d’acerba bellezza
Occhi straripanti curiosa beltà
Visi pudichi di rossori velati
Pensieri lampi di gioie ignote

Mani unite desideri sconosciuti
Passi incerti di luoghi infrequenti
Baci goffi di movenze rubate
Sospiri intimi di sorrisi ansiosi

Rifugio precario talamo insolito
Erbe morbide urticanti e di spine
Vesti panico e impacciate paure
Sguardi bassi di note vergogne

Timidi tocchi e pelle irti cristalli
Labbra di fonte disseccata i baci
Sguardi sfuggono gli occhi persi
Ansie popolano morte zone vive

Sincronici gesti muovono l’aria
Passi felpati fendono l’angoscia
Ignote parole non svelano arcano
Trovate le luci perso il cammino

Michele (san severo 15/08/2009 21.10.23)

Appendice

Nell’agosto del 1999 o 2000, Michele, in una tarda mattinata, portava a spasso la sua inquietudine, percorrendo Via Checchia Rispoli – lungo viale sanseverese -, per servizi o altro, non ricorda.
Trascinava lenti i suoi passi perso nel dolore di nulla che mai l’abbandona.
Gli occhi si fermano, una donna d’eleganza casual vestita mostrava di spalle un corpo aggraziato.
Gli sembrava conosciuto.
Studiò come per caso passarle davanti…
Il pensiero e i passi simultanei, gli occhi s’incontrarono: “Giuseppina!”, esclamò.
Gli stessi occhi ricci di sorriso luminoso su un volto d’anni ancor più bello.
“Michele!”
La luce del sorriso vinse… perle s’affacciarono.
Allungò la mano, prese quella di Michele, “andiamo!”.
Alle spalle una boutique d’abbigliamento li ospitò.
“Posso abbracciarti, Giuseppina!”
“Dai cretino, è una vita che aspetto!”
Ora lacrime scendevano bagnandogli l’arida barba.
“Perché, Michele? Perché!”
Non rispose Michele ma il ragazzo sedicenne.
“Eri infinita, Giuseppina! Ho avuto paura… Il tuo fiore immenso… La mano si perdeva… Sarei morto trascinato…”
Le perle, ora lacrime.
“Michele, se l’avessi saputo! Ti ho sentito irrigidire e ho creduto non ti piacessi. Il mio alito… il mio profumo… è una vita che me lo chiedo!”
Di lacrime e di baci abbracciati, ora ridevano.
“Cosa fai a San Severo, Giuseppina?”
“Subito dopo quell’estate, Michele, son tornata da Torino. Volevo starti vicino. Ho completato gli studi a san Severo. Sono stata a casa di mia zia.”
“Non ti ho mai vista, incontrata, Giuseppina!”
“È colpa mia, non ho mai avuto il coraggio di avvicinarti!”
“Sì, Michele! Ora che ci siamo ritrovati… non ci lasceremo più. Vero? Questa boutique è mia…”
“Certo, Giuseppina! Certo…”
Michele e Giuseppina non si sono incontrati mai più.
Avevano mancato il sogno… non potevano ingannare il destino.

(16/08/2009 10.17.32)

https://www.facebook.com/notes/michele-cologna/lincontro-sogno-mancato/118346722479/

https://www.facebook.com/michele.cologna

giovedì 13 agosto 2009

E provate a indovinà!

E provate a indovinà!

Sempre lì se ne sta, buona buona,
e… che bontà!
In giro si porterà or di qua or di là,
ma sempre in sede sta.
Problemi per sé non ne dà, se non
intervengono novità.
Quasi sempre con comodità se ne
sta sul sofà.

Voi dite che sarà?
E provate a indovinà!

Di regale niente ha, ma pure i re
la vanno a cercà.
In silenzio chiusa sta se nessuno
la va a molestà.
Delle cure certo gliele devi fa, se
vuoi che conservi la bontà.
Trascurata non reclamerà, ma che
errore per carità.

Voi dite che sarà?
E provate a indovinà!

Portamenti cambierà, mutamenti pure
subirà, ma la bontà non perderà.
Se toccata, sempre, anche per piacere si
adonterà, e le spire gonfierà.
Degli uomini nel tempo la sua bontà: ieri,
oggi e domani sempre si parlerà.
Dei poeti, la musa ispiratrice, da Saffo a
Catullo, Dante e altri, in eterno canterà.

Voi dite che sarà?
E provate a indovinà!

Michele (pe’ scherzà, oggi 13/08/2009 9.22.39)

mercoledì 12 agosto 2009

LUCE/AMORE

Oh Luce, ad Amor disvelasti Occhi!
Or feriti, per dì due del cigno il canto
Ballato e danzato, taccion di crudel
Passion travolti. Amore, che del buio
È signore, per divina invidia, precipita
Con lusinghe di Armonia ammantate,
Nel regno delle Ombre sue creature.

Tu, che nel regno di Dite or tramortita
Giaci, di Didone le orme segui e parla!
Parla al tuo Enea del cor l’inquietudine!
Rammenta lui sol per amor occhi desti.
Colpe quali? Luce sincera! Amor vero.
Dite di pietà il cor coperto, il travagliato
Cammin ti mostrerà e dell’homo povertà.

Michele (san severo 12/08/2009 9.22.46)

domenica 9 agosto 2009

ANIMA MIA

ANIMA MIA

Ieri, dì, morte precoce, geloso ha oscurato Luce.
Stamattina torna a splendere e Amore s’inebria.
Si riempie di te, oh figlia di Zeus e Mnemosine!
Del tuo canto poesia, melodia cresce Desiderio.

Bagliore, mia anima in Venere spuma levatrice
Affonda. Armonia danza giardini, fiori feconda.
Ninfa velasi e Morfeo copula di leggiadra grazia.
Occhi di braccia il fuoco avvolgono, mani la morsa.

Michele (09/08/2009 9.20.37)

venerdì 7 agosto 2009

La vita è donna…

La vita è donna…
La natura è donna…
L’acqua è donna…
La morte è donna…
La bellezza è donna…
La misericordia è donna…
La solidarietà è donna…
Potrei continuare all’infinito e tutte la cose belle, necessarie, essenziali… sono al femminile.
La Terra è femmina!
Tutto ciò che produce, crea, serve… è femmina.
La mamma è femmina e donna.
Tutti dovremmo dalla donna, dalla femmina apprendere, e adorarla nella completezza.
Anche la malattia è femmina.
La compostezza è femmina, donna.
Avete mai visto un uomo cadere nella malattia (donna) e conservare la compostezza (donna)?
Per la mia esperienza e di anni e di vita, tanti: un mezzo caso, e il poverino aveva movenze femminili.
Provate a trovare una donna presa dalla malattia che abbia smarrito la compostezza, la bellezza, la commozione per sé e gli altri.
A mia memoria nessuna!
E ne ho viste e piante!
Un uomo si ammala di tumore, giace nel letto.
Sono gli ultimi giorni della sua vita e li vive fastidioso.
Imprecando.
Bestemmiando.
Una mattina è più tranquillo: sembra quasi che finalmente accetti la condizione.
Chiama la moglie al capezzale, donna giovane come lui e molto bella: “...., io sto per andarmene, ti lascio, amore mio. Me ne dispiace, sei tanto bella! Vieni, dammi un bacio! No, sulle labbra amore! L’ultimo”.
Un urlo disumano lacera il silenzio.
Urla a seguire.
Vivendo la coppia ad un piano terra, alcuni vicini entrano per capire aiutare, soccorrere.
Scena raccapricciante: l’uomo è attaccato coi denti al naso della bella moglie!
Gliel’ha quasi staccato.
I più coraggiosi riescono a strappargli con molta fatica la poverina ormai priva di sensi.
Aveva consumato la sua vendetta: se ne andava, sì! Ma la bellezza della moglie che restava, sarebbe stata deturpata per sempre.
(È un fatto vero accaduto un po’ di anni fa a San Severo.)
Caso limite?
Sì!
Ma sta ad indicare a significare. A marcare la differenza.
Trovate una sola donna catturata dalla malattia che non affini già la bella sensibilità!
Che non spalmi, ancor più di quanto abbia fatto da sana, la sua bellezza, amorevolezza, comprensione sugli altri.
È lei a darti conforto a te che per lei soffri.
È lei a farti comprendere l’amore illimitato di una mamma. Di una donna.
Infinito, come infinito è essere femmina. Donna.
Quante donne care della mia vita ho visto consumare i propri giorni, gli ultimi in una compostezza senza limiti.
Un amore immenso…
Perché questo scritto che mi sta straziando l’anima stamattina?
Un’amica!
Un’amica che conosco solo attraverso pochi scritti ma della quale ho letto l’amore, i sogni, la bellezza, la compostezza, la cultura, la saggezza, la sapientia…
Un’amica che amo di un amore infinito, che amerei fino a consumarmi per darle tutto ciò che ho:
me stesso…
Un’amica che lotta con l’amore il suo male…
Che continua il suo lavoro come se la vita le sbocciasse ora tra le mani…
Una donna cielo, terra, mare…
Universo…
Femmina…
Donna…
Prendi la mia vita, amica mia!
È tua!
Ma continua a dare a tutti la tua immensa, infinita bellezza…
Donna amore…
Donna incanto…
Donna vita…

Michele (san severo 07/08/2009 10.19.56)

giovedì 6 agosto 2009

Bracci di vita con ognuno di voi mi piacerebbe parlare

Bracci di vita con ognuno di voi mi piacerebbe parlare.
Tutti mi siete presenti ma non comunicate tra di voi.
Perché vi ritenete incompatibili!?
Tutti mi appartenete.
Ognuno di voi è parte di me.
Tutti insieme mi componete.
No, non siete pezzi staccati che confliggono!
Non vi piace mettervi insieme perché ognuno di voi crede d’essere più importante dell’altro.
È pura illusione, non è importante la durata.
No, non lo è!
Un attimo può avere l’intensità di una vita intera.
Anche solo pensato…
Sì, solo pensato!
Perché tu storia di tutti i giorni pensi con i tuoi anni di comprendere e osservare dall’alto in basso il mancato amore che stamattina mi strugge di dolore vero?
Insopportabile come se dovessi attraversare un altro calvario di anni lungo e sofferenze e tante?
Se le promesse silenziose che ci siamo fatti avessero avuto attuazione, tu, storia di lunga durata, che ruolo avresti avuto?
Saresti ora tu in un angolo a rivendicare spazio?
Ed avresti diritto d’asilo come quello che oggi lei invoca e tu le neghi?
Un suo sguardo, un suo sorriso, un tocco della sua mano d’anni stanca, oggi, mi darebbe lo stesso sollievo di una vita vissuta d’intensità infinita.
Vedi come non puoi pavoneggiarti perché il caso ti ha favorito!
Il caso, sì solo il caso determina la nostra vita!
Il resto è traino.
Necessità che segue.
Se quella domenica mattina armato di coraggio, quando son partito determinato a chiedere, non avessi incontrato lo sguardo suo interrogante e la paura, la vergogna non m’avessero strozzato la voce in gola, cosa sarebbe stata la mia vita?
Quali vie avrei percorso?
Le stesse?
Può darsi!
Starei ora qui a parlare con tutti voi?
Non lo so e non lo sapete voi!
E se l’incontraste oggi cosa le direste?
Le raccontereste che?
Le lacrime di stamattina?
Gli occhi suoi che ancora mi bucano il cuore?
Il dolore del ritorno e la voglia di far precipitare la macchina giù per la scarpata?
La corsa folle alla ricerca dell’incidente per farla finita?
La disperazione perché incapace pure a morire.
Lei non mi voleva più, ne avevo la certezza.
Dopo anni senza notizie, m’arrivò la richiesta strana.
Non la comprendevo.
Non capivo.
Perché ora mi cercava per farle da testimone alle nozze che si celebravano… con…?
Perché?
Era vendetta!
Voleva restituirmi la sofferenza inflittale?
Lo capisco solo stamattina e piango.
Era amore.
Mi comunicava che m’aveva aspettato.
Aveva atteso, tanto.
Che non m’aveva potuto portare all’altare come sposo, ma che mi voleva lo stesso a lei vicino seppure solo come testimone.
Non l’ho capito per tanti anni.
Solo stamattina.
Dolore, prendimi per sempre!
Non ti sopporto.
Cuore ingrato cessa il tuo pulsare!
Lei per tanti anni è morta un poco al giorno e io non l’ho capito.
Solo oggi.
Vita che non ti ripeti!
Vita che prendi strade occasionali!
Vita che ti nutri di dolori sprecati!
Vita che ti alimenti di lacrime non lacrimate!
Oh vita, perché così senza senso?
Perché?

Michele (san severo 06/08/2009 10.03.04)

martedì 4 agosto 2009

Pianto di cose mai possedute e per sempre perdute

Pianto di cose mai possedute e per sempre perdute

Corse di riso gioiose
Strade di passi leggeri
Ciottoli di voli incantati
Fiumana di paure lontane

Gelso possente stagliava
Tre fanciulli i rami le mani
Visi di nero macchiati
Sguardi e grande risate

L’orto d’opera grande
Lo zio gioioso guardava
Nipote e figlia garruli
Portulaca grande abbuffata

La mamma indugiava seria
Sospetto nel cuore gli occhi
Ma felicità corre ragazza
E viso e mani allontana

La sera di giochi spossata
Il riposo la cena porgeva
Il tavolo da gran ruffiano
Lo sguardo celava la mano

Cosce sode e possenti
Dita bloccate sull’orlo
Quando timorosa si traeva
Spazio concedeva sapiente

Tumulto passione bambina
Sogno di sposa vagheggiato
Paura di pianti rimossa
Di durata eterna l’estate

Lacrime presto avanzarono
Promesse silenti aggiunsero
Mai cuori così straziati
Presto si sarebbero abbracciati

Ora di anni e d’oblio l’offesa
Il cuore ritorna al fanciullo
E l’amore recupera presente
Lacrime e gran struggimento

Michele (san severo 04/08/2009 9.51.20)