venerdì 5 marzo 2010

Noi che c'entriamo...

Signori della Banda, sì voi!
Voi che avete appesantito la vita…
L’avete resa insopportabile per asfissia di prospettiva.
Di futuro.
Sgombrate i muri, i monitor, gli occhi di coloro che a causa vostra hanno da patire, dei vostri pingui faccioni.
Tacete, lasciate che gli orecchi scordino i sinistri articolati dei vostri scomposti suoni.
Zittite!
Risparmiate l’ingiuria a quell’esile velo che di precaria decenza ancor copre la mente di chi subisce la vostra quotidiana azione di demolizione.
Non per pietà, ma per conservazione.
Ci s’accorge quasi mai prima, del piede che precipita.
Ridete!
Sì, recitate!
Ancora, continuate…
Noi che c’entriamo?
Cosa c’entro io con voi?
Signori che avete fatto dell’Italia bordello, che volete da me?
Uomini che occupate gli scanni che il sangue dei martiri ha donato a me, che fate lì col petto in su a pavoneggiarvi?
Voi che del niente siete portatori, se non degli italiani affamatori e corruttori, pensate che qualcuno vi creda davvero?
Solo il bisogno - da voi reso infame - di coloro che avete assoggettato vi tiene in quel posto ancora per poco assisi!
La “gente”, quella della quale il fetido vostro alitare emette suoni, è violenta tanto quanto la vostra dappocaggine belluina.
Ve ne accorgerete tra poco, a prebende prosciugate, di cosa sarà capace la vostra “gente”.
Clienti, pezzenti.
Similes cum similibus…
I cittadini no!
Son altro e non tendono la mano.
Vi guardano dall’alto in basso a voi che per quanto impettiti, portate alito di sudditi-servi…
Livrea consunta di simili anni passati e bruciati.
Rogo e sputi a breve.
Esuli di libertà?
Trincerarvi ancora per poco potete dietro un legiferare che a manico d’ombrello girate e rigirate a piacimento.
Figuri che dell’uomo ogni sapore avete smarrito, e in Casta - ritrovandovi - vi siete riconosciuti, avete a voi davanti giorni assai pochi.
Ridete, ballate, stupratevi ancora “gentiluomini” di fede e di basso impero.
Infimi in mente, animo e cuore…
Dignità zero.
Elevazione nessuna.
E voi servitori nani, ballerini zoppi, eunuchi che dell’informazione avete fatto mescita per beoti, a chi passerete il vostro amaro calice?
Signori pariah, perché tale siete per infima vostra condizione, siete all’ultima festa.
Non sentite la musica che stride d’acciai e preghiere?
Sappiamo che cerume, ovatta e belletto v’hanno obnubilato mente, cuore e sensi…, ma l’impietosa pietas avanza, e travolge, stupra, annichilisce la pietà.
Voi che dell’ignoranza alzate fiero vessillo, certo non sapete del nuovo calendario e chissà che non sia giunta l’ora!?
Segni ce ne sono e tanti…
Sì, solo l’impunita arroganza vi ottenebra la vista.


Michele (san severo 06/03/2010 7.58.52)

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