sabato 20 febbraio 2010

Signore...




Signore,
tu che riempi il mio tempo…
concentri ogni mia attenzione…
subisci le mie rampogne…
attizzi la mia rabbia…
pieghi il mio perdono…
interferisci con la mia vita…
incateni la mia mente…
Dimmi, lascia che io comprenda, o Signore!
Sono io che di te ho necessità?
Oppure tu che necessiti della mia?
Scioglimi, o mio Dio, da questo nodo!
Hai bisogno tu di me per glorificarti del tuo infinito Amore?
Della tua immanente Forza?
Incommensurabile Potenza?
Perché se così fosse, Signore, mi piegherei a questa tua necessità e accetterei il pesante fardello.
Invece, se…
Se così non fosse, non sarei io, Misero nel mio pusillanime amore, Povero nella mia insufficiente forza, Trascurabile nella mia inconsistente potenza, a Necessitare di te?
È cosa certa e inconfutabile che se tu avessi necessità di me, saresti un dio dimezzato non bastevole a se stesso, ma saresti solo per il mio tramite.
È possibile questo?
No, non è immaginabile perché il tuo Amore, la tua Forza e la tua Potenza sarebbero un mero espediente retorico per confermarmi io a te superiore.
Allora il problema risiede in me.
Tu sei aseità e basti a te stesso, e non può che essere così.
Io sono insufficiente a me, e cerco fuori di me quella Necessità che trovo in te.
Ecco, se io comprendessi questo non ti tormenterei più attribuendoti ogni mio bene e tutte le mie bassezze.
Non cercherei più in te la redenzione.
Sarebbe tutto risolto.
E invece la consapevolezza della mia Miseria, Povertà, Trascurabilità, della mia Finitudine, sono inaccettabili e mi riportano alla Necessità di te.
Cerco fuori di me ciò che non trovo in me.
Ecco, mio Signore, questa è la mia Miseria.
Trascuro la possibilità di poter essere bastevole a me stesso.
Perché?
Non posso io aspirare all’aseità?
Certo, ne possiedo tutti i requisiti, portandone della Necessità le stimmate.
Non avendo tu mai a me parlato ma solo io a te invocato, le Tue sono necessariamente in me.
Se sono in me al pari tuo Io sono aseità.
Basto a me stesso.
Sì, senza di te!
Ora…
Debbo solo prenderne atto e con la consapevolezza, farmi carico della Tremenda Responsabilità.
Perché solo in me sta l’Infinito amore, l’Immanente forza, l’Incommensurabile potenza.
L’obiezione, ma se io sono Finito, come posso realizzare l’infinito dell’amore, l’immanenza della forza, l’incommensurabilità della potenza?
La mia Imperfezione della finitezza individuale trova la Perfezione dell’infinito nell’Uomo.
Sì!, l’Uomo come continuum della specie.
Se Io mi osservo nella Prospettiva della continuità dell’Uomo: Realizzo Amore, Forza e Potenza.
Nella Trinità percorro la Divinità e raggiungo la Perfezione.
Alienerei la mia soggettività nella specie, o nell’indistinta umanità?
No, ogni uomo nella sua Libertà, Peculiarità, realizza in sé la Perfezione.
Amore, Forza e Potenza, le Necessità che danno la Perfezione della Divinità, che ci costituiscono Aseità, realizzano dell’escatologia il Senso.
Tutti aseità, dio di se stessi, che nella perfezione individuale realizzano il Dio Assoluto, che è della vita il Senso.


Michele (san severo 20/02/2010 18.27.26)




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