Liberato…
Navighi verso dove, tu che ora giaci e
del timone da tempo reso avevi la barra?
Chi conduce l’assenza?
La stessa che travagliato aveva
già di sé la tua fugace presenza?
Segni l’essenza del vero con l’impronta,
o l’ultima condizione ne era il percorso?
Afono del prima nel silenzio trascini il dopo,
e lo sguardo del vuoto nella fissità, gli occhi
più riempi d’incongruenze e d’affetti resi.
Affrancato d’ogni schiavitù più abiti
dell’uomo le vesti, liberato.
La fronte gelida riposa il pianto e nobilita.
Materia tornata all’inerzia che più vuole,
e dell’osceno reietto a lei recupera il senso.
Vale.
Michele - al cognato Mario -
(s. severo 26/06/2010 20.42.36)
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