domenica 27 settembre 2009

Iniziato dal vento…

Iniziato dal vento…

Ogni genitore credo abbia chiesto al proprio figlio ancora bambino di fargli un servizio, con la raccomandazione di far presto, non fermarsi a giocare per strada e di non “incantarsi”.
Vai a comprare il giornale, le sigarette, all’alimentari… vieni presto.
Ti raccomando…
A me quando i miei genitori ordinavano qualcosa, la raccomandazione era: vai piano, non correre, se torni con i ginocchi sbucciati ti do il resto.
Non sudarti, ti ammali…
Ero vento.
Ovunque mi chiedevano d’andare era una corsa di qualche minuto.
“Michelino, mamma, ancora non vai a…”
“ No, mamma, sono tornato. Ecco…”
Mio padre, l’ho compreso solo dopo: molto dopo, alcune volte s’inventava una commissione per misurare il mio tempo e ne rideva.
Avevo il mio cavallo sempre sotto; bastava che gli dessi una pacca sulla gamba; scuoteva la testa, un leggero nitrito e partiva come il vento.
Uno stallone bianco: testa alzata, criniera al vento, coda appena appena sollevata, narici aperte…
La libertà.
Sergio, sauro con una stella in fronte bianca, il solo garretto sinistro pure di bianco macchiato, un gigante.
Il cabriolet (sciarabbà) due posti con mio padre e me volava.
Ci incrocia un carretto, Sergio nitrisce, vuole girarsi, mio padre cerca di tenerlo a freno, scarta violento, ci fa ruotare come trottola, ci scaraventa nel canale di Santa Maria.
Si sfila i finimenti e corre: libero, veloce… nel vento.
Quando arrancando arriviamo alla masseria, Sergio è lì maestoso e fiero.
Non teme mio padre: Sergio è libertà.
Forse gli è costato la vita quel suo atto di superba libertà.
Non l’ho più visto e a mio padre non si chiedeva.
Ma io l’ho ammirato: gli sono stato sempre vicino.
Nella corsa furiosa, dirompente, gioiosa sentivo la libertà.
L’ho compreso molto tempo dopo, era una maniera d’assolvere l’ordine gratificando la mia libertà.
In una di queste mie corse commissione, non avevo dieci anni, percorrevo via Zingari, oggi via Duca Amedeo D’Aosta, ero all’acme della velocità, mi sentivo vento:
correvo, correvo… correvo.
Più correvo e più mi piaceva…
Sentivo fremiti nel corpo…
All’improvviso, arrivato a Largo Sanità, una piazza molto estesa che ospitava le fosse dove si stipava il grano, una sensazione sconosciuta all’inguine m’ha fatto piegare su me stesso, facendomi portare lì le mani per arginare la tempesta di piacere che mi sommergeva.
Mi fermai un poco, non capivo…
Quel piacere andò spegnendosi.
Era stato bellissimo.
Ripresi a correre con tutta la foga per riprovarlo, ma non mi capitò mai più.
Spesso ci pensavo e ci provavo a correre, senza l’esito desiderato, però.
Quando più grandicello iniziai le pratiche che fanno diventare ciechi gli adolescenti, me ne ricordai del sapore.
Avevo provato nel vento il mio primo piacere.
Sono stato iniziato dal vento.
Sarà questa la motivazione che spinge i cavalli liberi a correre?
Chissà!
Che non sia la libertà che solo il vento con sé porta a dare il sapore del piacere?
È il massimo del piacere non è l’orgasmo?
Possiamo allora dire che libertà è orgasmo?
E nel vento libero ho ripreso a camminare.

Michele (san severo 27/09/2009 10.34.29)

1 commento:

  1. Bella e genuina...il modo di raccontrasi così schietto e tanto candido da commuovere.
    La voglia di libertà, il senso di libertà, la libertà...

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