lunedì 15 giugno 2009

Lo "scherzo"

La Natura gioca con la Vita e… la burla

Lo “scherzo”

di Michele Cologna

Nella sua lunga o forse breve, gratificante e irripetibile esperienza contadina di viticoltore, il signor Kappa (eteronomo di mister M) aveva avuto modo di assistere ad un fenomeno a lui inspiegabile: viti vigorose senza un minimo accenno di malattia, una sola ragione manifesta di sofferenza inaridivano e di colpo seccavano.
Il fatto in sé lo turbava, ma ancor più l’incapacità di comprendere.
In più occasioni, portandoli anche sul posto, aveva chiesto a dottori agrari suoi amici la ragione.
Ma mai nessuno che gli abbia - al di là di qualche biascicata e inattendibile diagnosi o alzata di spalle - dato risposta sufficiente.
Pensando che i dottori ne sapessero quanto lui, si è rivolto a vetusti e venerabili contadini di antica fatta ed esperienza.
Qui, per una migliore comprensione, bisogna aprire una parentesi.
Il signor Kappa aveva - e chissà! ha tuttora, lo si intuisce dai termini usati e testé riportati – una venerazione per il mondo contadino e la civiltà che quel mondo ha espresso, e che ormai è solo un labile ricordo.
Pensate che sostiene e con buoni argomenti, che il contadino – non quello moderno, tecnologico che si reca in campagna per “estrarre” e “distillare” soldi, e con i suoi potenti trattori opera la desertificazione della Terra e avvelena il cibo con la chimica, ma quello antico, e forse del tutto estinto – sia l’unico esempio di uomo non scisso.
L’uomo celebrato dai filosofi della mitica età dell’oro?
In ogni modo, l’uomo in osmosi con la natura non perché lì vi dimora, ma perché la natura gli abita le membra e risiede nella sua Mente, che, di tanta armonia gravida, non opera alcuna divisione tra la cosa reale, il pensiero che la conosce e la parola che la esprime.
La mente arcaica, l’uomo “eracliteo” che non ha subito sul piano logico-ontologico la funesta scissione che è alla base della separazione dell’uomo dalla natura e del dominio dell’uomo su essa. L’uomo panteista che vedeva Dio nella Natura e che mai Li avrebbe per un momento sottomessi…, ma solo assecondati…, blanditi, amati… per riceverne il giusto riconoscimento.
Chiusa la parentesi.
I contadini interpellati, tutti – unanimemente - hanno risposto: "Eh, figlio mio, questi sono scherzi ( in verità sgherzi) della natura".
La risposta - a dire il vero - ha suscitato riso in Kappa, sembrandogli di una sazia banalità e ovvietà esilarante.
Più volte, però, essa gli è tornata in mente.
E più rifletteva e si ripeteva il “verdetto”, più il suono della frase andava perdendo di mediocrità: scemava la caratteristica dell'ovvietà.
Come era possibile – si chiedeva Kappa - che lo sguardo del contadino, dopo una osservazione millenaria del fenomeno, non ne avesse colto il noumeno, la ragione in sé?
Si convinse che il segreto – come nel responso della pizia, la vergine sacerdotessa di Delfi – era per forza lì contenuto e nascosto, risiedeva nella risposta.
E infatti l’arcano sta nella risposta.
Gli si è disvelato una mattina, la stessa di questa nota dalla quale attingiamo.
È arrivata come una folgorazione mentre era in bagno ad attendere alle sue abluzioni quotidiane.
La vita – l’essenza della vita - ad un certo punto si stanca di vivere.
Non vuole – non può? - più farlo, non ha più alcun interesse ad esserci.
Senza una ragione precisa.
Perde il senso.
Non il senso come direzione cui tendere, né il senso escatologico, né – ancora - il senso intellettivo, quello aristotelico “del sentire di sentire”, della coscienza - cosa che forse sarebbe proprio e appannaggio esclusivo dell'uomo -, ma il senso biologico.
L'energia – nucleare? - vitale delle cellule: come se si bloccasse.
Un intorpidimento biochimico - in nessuna relazione con l’età o la volontà – offusca, riduce al minimo, annulla le funzioni vitali.
Le membra percepiscono solo una spossatezza infinita e l’esigenza di smettere di funzionare.
Tanta stanchezza di nulla che pur non sofferente, richiede di approdare: anela alla fine.
La fine… la fine… la fine è il solo biologico volere.
Sentire.
L'unica necessità.
Bisogno esclusivo.
Che cos'è questo sentire, questo bisogno, questa necessità?
Come definirli, se non uno scherzo della natura?
L'osservazione era giusta!
Il riso, come spesso accade, era quello dello stolido.
Il silenzio dei secoli che osserva, penetra, intuisce e s'inchina alla legge di natura, caratteristica propria della civiltà contadina, aveva colto il segreto: uno scherzo.
La vita è uno scherzo.
È l'uomo contemporaneo, l’uomo tecnologico che perdendo il contatto con la “Vita”, ha perso la capacità di starci: allo scherzo.

Michele Cologna
Elzeviro: “La Gazzetta” di san severo, 27 gennaio 2001

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