lunedì 6 luglio 2009

Chi è il poeta?

Chi è il poeta?
Cos’è un poeta!
Il poeta è un uomo alterato.
Le sue percezioni annegano nella realtà e se ne tirano fuori nell’idea. Nella fantasia.
Nella parola.
Nella parola consuma il sentire. Nella parola realizza l’idea.
Nella parola soffoca la fantasia.
Nella parola consuma il desiderio?
No, il desiderio lo strugge!
Lo distrugge. L’annienta.
L’ammala e soffre, soffre… soffre.
Le sofferenze gli tolgono il sorriso, gli levano il gusto della vita.
Gli restituiscono momenti di esaltato sentire vero di ciò che è frutto di follia e ne godono, ne godono per cadere in un attimo nella disperazione suicida.
Lo sconforto metafisico gli stanca l’esistenza che perde senso del reale e della realtà ne sente la nullità.
La falsità.
L’allucinante finzione.
Scopre che è più vera la sua sofferenza della più infima abbietta realtà che ora disprezza e ne soffre.
Aporia del mondo sensibile.
Anacoluto dell’esistenza.
Appendice di gusto guastato.
Aborto di sentire alterato: partorito da mente malata.
Ma scopre che è vero ciò che sente: ne ha riscontro.
Perde la dimensione.
Un abisso che scende e un abisso che sale.
Si incontreranno all’infinito?
È lui il punto d’incontro!
Sì!
Sente che egli sta tra i due abissi ed è lì.
Li percorre in su e in giù e non sa più dov’è: sogno, realtà, finzione?
Simulazione?
Non lo sa più!
Comprende che ha un solo strumento a cui comunicare se stesso: la Parola.
Nella parola trova la quiete.
L’inquietudine si riversa nella parola e la parola vive osservandolo.
Si stacca da sé e lo guida, gli suggerisce, si fa pronunciare e misurare il tono, il volume.
Il suono.
Ora mentre si stende sulla carta è vita…
Vita vissuta.
Vita amata.
Vita desiderata.
Cercata. Detestata. Sfregiata.
Pianto e rimpianti.
Melanconia di vissuto non vissuto.
Abissi amati.
Amori odiati.
Assenze struggenti di nulla.
Niente insopportabili.
Divini sconosciuti che prendono corpo in immagini conosciute.
Anime dissepolte che vivono e sono vere e ti toccano, sorridono.
Sbeffeggiano.
E conosci e ti riconosci nei luoghi mai visti, tra le persone mai conosciute e amate.
Amate d’amore vero. Fisico. Concreto.
Occhi che scrutano l’impenetrabile. Il divino. Il desiderio sfrenato, desiderato.
Desiderata di passione febbrile.
Follie vissute per assenza.
E poi qualche voce ti richiama al presente e sai che hai perso e per sempre quello che non hai avuto, che mai avrai, che mai ti apparterrà.
E piangi e ti culli…
Culli la mamma pazza che ha tra le braccia il figlio morto mai nato.
È il dolore è vero. Autentico.
Irresistibile.
Struggente.
Impossibile.

Michele ( san severo, 06/07/2009 11.59.59)

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