giovedì 27 ottobre 2022

Oggi 28 ottobre e son sessanta

 

Oggi 28 ottobre e son sessanta
 
Sono sessanta, come i sessanta del figlio tuo Giovanni.
Mi preoccupavo, cercavo e disperavo a chi lasciare l’ingrato compito.
L’insopportabile grave.
Fardello pesante del quale tu, Padre mio, non ne sei venuto a conoscenza mai.
Ora, dal primo luglio, è lì con te e la mamma, con Carolina e forse sarà tra voi motivo di dialogo.
Anche la mia, ora orfana di Lui che fu …
Il “sacro” dell’appartenenza senza soluzione di continuità.
Ciò Giovanni ha rappresentato, è stato per me.
Il “Noi” insieme che supera la morte.
Tu, Papà, la Mamma e Carolina ed io.
Io che, per il tramite di Giovanni, vivevo il Voi qui con me.
Finanche nella carne indissolubilmente Nostra.
Ed essa è costola di Dio.
Così io, quando a lui le abluzioni, lavavo il Corpo di Cristo.
A chi le racconto, oh Padre, se non a te?
Ai fratelli, figli tuoi, che per undici anni si sono astenuti dal fargli visita una volta?
Non presenziare la sua morte e i funerali?
Quanta amarezza, quanta.
È vero che le disgrazie non arrivano mai da sole e ne ho fatto esperienza.
Anche mio Figlio, colui che porta il nome tuo e per il quale ho impostato diverso svolgimento alla mia vita alla sua nascita, anche lui ha consumato l’oltraggio a Dio che si fa Padre.
Il parricidio.
Avrei voluto raccogliere le tue confidenze e non è stato possibile.
Quattordici anni sono davvero pochi.
Pensavo di trasmettere le mie al Figlio e riceverne del lascito la confidente gioia.
Stroncate.
Con odio feroce io dileggiato.
Quanto ti ho amato, Papà, quanto!
Quei pochi anni insieme e molto travagliati, non eri contento di me, sono stati guida e bastone del mio cammino.
Ho sempre di te scritto e parlato, non ti ho mai giudicato.
Non è compito del Figlio giudicare il Padre, solo amarlo anche quando la sua voce è pesante.
Questo io ho fatto, “ti ho amato”.
Non posso dirlo del Figlio mio, eppure sono stato Padre differente.
Ha educato e istruito i figli con la propria vita.
Con l’accezione di Padre come fine e professarlo mestiere.
L’amarezza è mitigata dalle figliole, ma la ferita non sana.
Sono sessanta anni e io ne ho quasi settantacinque, papà.
E ogni mio pensiero a te, come ogni scritto, potrebbe essere l’ultimo.
Ti ho confessato ogni particolare di me, di noi e il dialogo nostro che s’è strutturato monologo.
Cesserà del tutto con la mia, oppure sarà l’inizio?
Una certezza, la tua esistenza in morte non cesserà con la mia.
Stefania, Barbara e Pamela, mie figlie e tue nipoti ti amano, come amano me.
E la tua non cesserà anche nei miei nipoti Monica e Riccardo, parlo e parlando, faccio storia.
Continuità e cultura.
Appartenenza.
Certo il vulnus non sana e mio figlio, pur di nome Leonardo Cologna come te, non ha impresso le sue orme lì dove le tue.
E a me che invocavo continuità il disprezzo.
A Te Papà e alla Mamma, a Carolina e Giovanni, a Dio che ci ha dato la vita insieme …
La preghiera mia, storia di Dio che percorre la terra. 
 
Michele Cologna
San Severo, venerdì 28 ottobre 2022
00:16:47
 
 
 
 

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