sabato 18 settembre 2021

… e sarebbe stata altra storia

… e sarebbe stata altra storia
 
 
Se sei stato tu la sposi!
Lapidarie di mia madre le parole. Di più il pensiero.
Era Grazia di nome.
Ma non la raggiungeva per graziosità.
Fin da bambina fu Pupetta.
Era una bambola.
Minuta e ogni grazia, bellezza e sinuosità.
Amore e desiderio, fascino, la muovevano.
Sinuosa nella voce come preliminare all’atto, attesa e culmine del piacere.
C’era il negozio di cappelli e cravatte.
Antico e blasonato e la schiera davanti ad attendere la sera.
Lei commessa in quello.
E quanto per bravura e merito era interrogativo.
Per effetto carta moschicida di certo, come l’odio delle due mature signorine che insieme al fratello, occhio di pesce, proprietari, gestivano l’esercizio.
Quasi una corsa a chi si accaparrava il fugace favore di due passi insieme.
Mi sceglieva.
A volte così veloce e perdevi le tracce.
Una sciarpa di lana di cashmere bianca per farsi perdonare l’inganno di una sera.
Morbida come le sue dita, calda come i suoi baci.
Tutto le perdonavi.
Pure il cuore che sanguinava gelosia e inganno.
Era risarcimento lo sguardo, gloria il passo con lei.
Alcune volte rubavo la vecchia giardinetta del papà mio, e ci vedeva complici il buio della sera nelle campagne alle periferie prossime.
Baci e carezze, tocchi.
“Lei no!”
Il fiore andava colto al momento giusto.
Incantesimo che portava a l’innocenza sua e delle “tracce” di qualche sera perdute.
I giorni e i mesi, qualche anno e anch’io feci i diciotto.
Con essi la patente e la macchina.
Seducente pure il giovane e fu la versione maschile sua.
Molta grazia e abbondanza e rallentarono le sere.
Fu lei, Pupetta, a cercarmi.
Una domenica di quelle che tradiscono e “vai in bianco”, la incontrai e salì in macchina.
Si diede e non mi negò il consumo.
Come l’entrata del paradiso e vedi, “il sangue della mia verginità”.
Mi prese il panico.
Lei resisteva.
Non voleva scendere, “era mia e io la sua casa”.
La convinsi.
Avrei preparato la mia mamma.
Sarebbe stato solo un giorno.
Non ebbi il coraggio che fu di lei e della mamma sua e la mattina stavano già a casa mia.
“Se è stato mio figlio, ti do la mia parola d’onore che ti sposerà!”
Al mio ritorno la sorpresa e il severo annuncio, “Se sei stato tu, la sposi”.
La visita ginecologica per il mattino successivo.
Tutti e quattro.
La mamma sua insisteva per i soli ragazzi e la mia la zittì.
“Noi, le mamme e la ragazza, mio figlio fuori!”
In trepida attesa io e speravo e mi dannavo.
Per i suoi trascorsi non potevo restare nella mia città.
Sarei stato deriso e ingiuriato.
Però!
M’accarezzava l’idea.
Uscirono in tutta fretta e furiose, mamma e figlia.
Non mi degnarono di uno sguardo.
“L’hai scampata bella, c’erano tracce di un aborto lontano.”
Fu sollievo?
No!
Dispiacere come un sogno che si dissolve il mattino.
Non la vidi più.
Mai più e seppi dal cugino che tutta la famiglia si era trasferita a Torino e del matrimonio di Grazia.
Anche del suo alcolismo e la morte.
 
Michele Cologna
San Severo, sabato 18 settembre 2021
09:29:25
 
 
 
 

 

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