lunedì 9 novembre 2009

Homeless…

Homeless…
Clochard…
Senzatetto…
Questo ora sono.
Sono nei luoghi che ho frequentato e non li sento.
Non li riconosco.
Mi arrivano voci che non ho mai ascoltato.
Ho freddo.
Nessuno mi porge la mano.
Un poco di calore…
Visi estranei mi percuotono le pupille…
Bocche formulano suoni indistinti…
Non comprendo.
Tutti tendono la mano a me che non ho niente.
Le mostro nude e non mi credono… neanche bugiardo.
Prosciugato… arso.
Gli occhi ispidi di lacrime cristallizzate, mi perforano le palpebre…
Fissità allucinata:
Osserva il nulla e si perde…
Non vede, non sente…
Non prega…
Sconosciuto.
Superfluo.
Dimenticato.
Ho sonno.
Sonno.

Michele (09/11/2009 20.45.16)

1 commento:

  1. Homeless
    Tutti hanno inteso il mio scritto come uno sguardo commosso sul mondo degli homeless, barboni, senza tetto, diseredati, sconfitti dalla vita.
    Il pensiero, sì!, è andato a loro, partendo però non dalla loro condizione, ma dalla mia.
    Una mia condizione d’animo che non si rispecchia in una condizione di vita reale, ma che ha grande affinità con la vita di chi o per scelta o per necessità si trova in quella situazione.
    Homeless è colui che non sente più l’appartenenza al mondo che vive.
    Questo può essere per una volontaria estraneazione, oppure per condizione oggettive.
    Resta il fatto, però, che lo stato d’animo di queste persone sfortunate è la perdita dell’umanità come entità dell’uomo.
    Resta l’uomo non più ente, ma “cosa” priva di entità.
    E come non possiamo dare una entità al cavallo, perché egli non è ente e quindi non possiamo parlare di una “cavallinità”, così queste persone che per scelta o per necessità si trovano nella medesima condizione, non sono più ente e quindi non possiedono più entità.
    Grazie a tutti.

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