lunedì 19 ottobre 2009

L'uomo, il cane e la cipolla...

Questa è storia vera.
Bambino, non avevo più di sette o otto anni, in campagna da mio padre lavorava come bracciante giornaliero un certo Giuseppe.
Uomo di legno.
Non aveva un’onza di carne addosso.
Ossa e pelle.
Pelle olivastra, molto scura.
Una pertica.
Padre di numerosi figli e due di questi, Michele e Domenico, lavoravano anche loro nelle terre paterne.
De Domenicis faceva di cognome, ma lo conoscevano col soprannome di “zecchinetto”.
Non so cosa volesse significare di preciso il nomignolo, ma penso che avesse attinenza con la moneta lo zecchino.
Gran lavoratore.
Dove prendesse le energie per lavorare: un mistero.
Nella pausa dalle dodici alle quattordici d’estate, di un’ora sino alle tredici d’inverno, per consumare il misero pranzo che si portavano in campagna, Giuseppe veniva spesso invitato dai colleghi e commensali a raccontare la sua storia.
Non si sottraeva, la raccontava con dovizia di particolari e gran divertimento suo e dei cafoni che si ponevano in circolo, seduti a terra, a consumare.
Giuseppe aveva lavorato per moltissimi anni presso la distilleria della famiglia Ceparano.
Famiglia napoletana che vantava antica nobiltà e di condizione molto agiata.
Aveva tre distillerie a San Severo e altre a Nocera Inferiore (NA).
Già il papà di Giuseppe aveva lavorato presso la stessa e, come spesso succedeva, il figlio ha prima accompagnato il papà, poi ne aveva preso il posto.
Era nato Giuseppe nei bassi che la distilleria faceva abitare ai propri lavoranti.
Case non si potevano chiamare e baracche nemmeno.
Erano una via di mezzo.
Senza acqua, fogna e servizi che erano un lusso.
E così Giuseppe conduceva la sua vita tra fatica e poco cibo.
Gli capitò la disgrazia di sposarsi e il misero obolo che era la sua retribuzione diventava sempre più insufficiente.
Vennero al mondo i primi figli e con essi la guerra.
Non si mangiava.
Ci si nutriva di verdure dei campi e qualche tozzo di pane.
Certo la penuria non sfiorava il suo datore di lavoro don Vincenzo Ceparano che tra le tante sue qualità aveva la passione per i cani che Giuseppe accudiva.
Il suo cane preferito era un pastore tedesco assai bello che veniva nutrito a maccheroni e carne.
Don Vincenzo chiamava Giuseppe e gli dava il piatto condito, anche con formaggio, da portare al suo cane che schizzinoso a volte annusava e non mangiava.
Troppo per il povero Giuseppe al quale non solo era quasi sconosciuto il sapore della carne, ma che aveva dimenticato quello dei maccheroni e ora digiunava.
Aveva sempre messo quel piatto davanti al cane senza pensarci più di tanto, Giuseppe.
Ora incomincia a pensare che quella bestia non mangia per abbondanza mentre i suoi figli piangono per fame.
Egli che non può consumare più di una cipolla al giorno, quando c’è grascia.
No, non è bene così!
S’indispettisce Giuseppe, e un giorno chiede al cane te lo mangi o come gli altri giorni lo fai sprecare?
Il cane lo guarda e se ne va.
Giuseppe in un batter d’occhi svuota il piatto.
Come si sente bene.
Gli vengono le lacrime agli occhi per la sazietà.
Il giorno successivo accade la stessa cosa e poi il terzo.
Il cane ora si mette davanti a Giuseppe e aspetta, ma nemmeno una briciola va a lui.
Zecchinetto l’osserva, tira fuori la cipolla dal tascapani e gliela lancia.
Il cane l’annusa e la lascia.
“Ah, non la mangi?, te la conservo per domani!”
Nemmeno i giorni successivi il cane la mangia e incomincia ad abbattersi.
“Giuseppe, vedo il cane un po’ abbattuto, che sarà?”, don Vincenzo.
Giuseppe, “Don Vincenzo, a mangiare mangia. Non lo so”.
Avviene il miracolo, il cane come Giuseppe gli rimette la solita cipolla davanti, ne fa un boccone.
È sollevato Giuseppe, ora finalmente il piatto al giorno è assicurato.
Trova la maniera di portarlo a casa e così anche la moglie e i suoi figlioli gradiscono.
Il cane fa progressi e incomincia a risollevarsi.
Si rimette in carne e anzi migliora l’aspetto.
La cipolla quotidiana gli fa bene.
Passa qualche tempo e un giorno don Vincenzo stava dando delle indicazioni a Giuseppe circa il lavoro.
Passano dalle parti del cane che fa loro le feste.
Dio leva il senno a chi vuol perdersi.
Giuseppe, orgoglioso, tira fuori dalla tasca la cipolla quotidiana del cane e grida: don Vincenzo guardate!
Lancia la cipolla.
Il cane la prende a volo e ne fa un sol boccone.
Don Vincenzo, “Come il mio cane mangia le cipolle?”.
“Sì, don Vincenzo!”
Non c’è bisogno di spiegazioni, non è uno stupido Ceparano.
All’istante licenzia Giuseppe e gli fa lasciare l’abitazione.

Michele (san severo 19/10/2009 12.40.24)

1 commento:

  1. https://www.facebook.com/notes/michele-cologna/luomo-il-cane-e-la-cipolla/158647022479/

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