venerdì 30 aprile 2010

Il credente è un uomo in cammino…

Il credente è un uomo in cammino…

Domande che ti sei posto e ti sono state rivolte da una vita, e hai risposto sempre a una certa maniera.
Poi le stesse, e la risposta del vissuto ti sembra banale.
Non più sufficiente.
Hai bisogno di rielaborare tutto e non puoi rispondere.
Devi denudarti, spogliarti di tutto il sapere e ripartire.
Quasi a dare i primi passi, in un mondo sconosciuto.
M’è stato chiesto sei credente?
La tentazione di rispondere subito no, non sono un credente è forte.
D’altronde, come ho sempre affermato, mi viene da dire sono agnostico.
Già conscio dell’insufficienza dell’affermazione, ora non posso affermarla se non atteggiandomi con alterigia intellettuale
Mi viene da pensare che il credente - al di là dell’etimo e dell’accezione corrente - sia un uomo in cammino.
Anzi, il credente è un uomo in cammino.
Un uomo in viaggio verso l’ignoto con tutte le ansie, le paure e i pericoli, ben consapevole della sua estrema fragilità.
Un uomo che si proietta dentro un’aspirazione certamente votata alla sconfitta, ma che è una necessità.
Un desiderio di apprendimento non solo noetico, ma fisico.
Direi delle mani.
Il credente si differenzia dal fedele e dall’osservante.
Non può egli essere un uomo della certezza e dell’osservanza.
Della fede.
Hanno ruoli differenti.
Il primo è un inquieto ricercatore sempre attento, vigile, rigoroso verso ogni cosa e tutti quelli che possono aiutarlo a colmare questa inappagabile aspirazione.
Il secondo è un tranquillo obbediente, sicuro, certo della sua fede, pronto a condannare chiunque si discosti da essa.
Tanto è in movimento il credente, quanto è statico l’uomo di fede.
L’uno si nutre della necessità, l’ansia, il morso della conoscenza, l’altro della certezza dell’identico, dell’immutabilità permanente.
La vita e la morte.
Il credente praticante di un’etica in fieri e sempre in costruzione.
L’osservante, il fedele forte di una morale già costruita, forte di nessun dubbio.
Pronto a giustificare e giustificarsi, perdonare qualsiasi trasgressione alla legge a causa della imperfezione, della caducità e altre umane miserie.
Il credente affannato costruttore d’etica.
Il fedele sicuro osservante della legge.
Ma nelle leggi non si crede.
Le leggi si rispettano e basta.
Dov’è il ruolo dell’uomo nel rispetto della legge (certo qui non si contempla la legge necessaria del diritto positivo).
L’uomo non è obbedienza.
Egli è ricerca.
Sono certo che susciterà dissensi molto profondi questa mia affermazione, e forse non a torto.
Mi accarezza però questa lettura.
Il credere come un’aspirazione, un atto di volontà proteso alla ricerca.
Un desiderio del nous di conoscenza, un distendersi fisicamente verso.
Una necessità volta a raggiungere ciò che già si sa irraggiungibile.
Il credente come un titano votato alla sconfitta, che non s’arrende.
Non si piega e non impreca.
Essendo una continua aspirazione irraggiungibile, egli sa che nessuno è abilitato a parlare per lui.
Sa che gli uomini che aspirano possono come lui tendere, ma non condannare.
Ergersi a giudici imparziali.
Emettere sentenze e fabbricare dogmi in nome dell’inconoscibile.
Il credente, un ricercatore dell’anima.
Un aspirante alla Conoscenza che è Dio.


Michele (San Severo 30/04/2010 10.38.46)

domenica 25 aprile 2010

cuore palpita

cuore palpita

e

nella mano

pone

il riposo che agita…

e

passione

nel tatto

consuma il possesso

michele

(domenica 25 aprile 2010)

martedì 20 aprile 2010

Mani…

Mani…

Mani nutrono il passaggio, e
carezzano dei labbri il tormento,
tenerezza schiude al piacere
e lo sguardo piega all’angolo.

Passione il petto scuote e vibra
il battito che piano illanguidisce…
e sottese ansie di paure remote
già mordono il freno e aprono…

Gemiti sussurrano disancorate
parole, che fluttuando tra pensieri
sciolti nel mare d’alcuna sintassi,
riportano suoni destinati al cielo.

Sussulti cedono quiete al corpo
che nell’estasi posa l’inerzia, e
alla catarsi affida delle braccia
l’assenza ora dalle mani spoglie.


Michele (s. severo 20/04/2010 17.50.23)

https://www.facebook.com/notes/michele-cologna/mani/388244877479/

https://www.facebook.com/michele.cologna

giovedì 15 aprile 2010

Macerie…

Macerie…

Lingue di fuoco avvampano cieli, mari, deserti e terre.
Tuoni che sgretolano parole incise e legge.
Emissioni di fiato - articolati subdoli - consumano suoni antichi e distruggono saperi.
Terre incidono ferite mai rimarginate e pianti richiamano olocausti.

Occhi asciugati che lacrimano sale.
Canti che intonano al flauto le nenie.
Gesti d’asserviti usi che implorano aiuti.
Suppliche che vulnerano solo cuori lesi.

Piega alla pietra angolare lo sguardo, e… pingui grugniti nutrono urla e pianti.
Mani scarni di voce rotta implorano, e beffarda piega, di riso lordo porco, sazia.

Anni d’attese preghiere che già recitavano salmi a riposta salma, ignorata nicchia.

vite violate
tabù infranti
virtù profanate
pregi irrisi

Cumuli, caienna di colori e suoni, olezzando narici inappagate, giacciono.


Michele (san severo 15/04/2010 10.11.40)

giovedì 8 aprile 2010

Fragilità…



Fragilità…

Occhi di giovane bellezza,
osservano sguardo stanco
e al tocco, carezzando, la
commozione chiedono.

Il dolore piega gli anni e pesa.
Curve ora quelle che hanno svettato fiere,
alla bellezza cedono trattenute lacrime.
Segna cuore e mente il tempo.

Umidi di gioventù bagnati,
lisciano fragilità d’andata età,
e nello sguardo il padre, fiera
leonessa, di trascorsi cuccioli.

Piacevole, la mano fanciulla
che più non stringi, scorrere
solchi antichi di memoria viva.
Dolce è sentire le perdute forze.


Michele (s. severo 08/04/2010 9.08.36)